IN UN ALTRO TEMPO IN UN ALTRO SPAZIO 4

halo

di Domy


Capitolo 1

 

Doveva trovarsi in paradiso, benché fosse ben strano un paradiso identico alla città dove viveva; ma, in quel momento, non gli vennero in mente altre spiegazioni, perché del luogo che conosceva e che guardava in lontananza dall’alto di una collina, mancava un vistosissimo e orribile edificio che avrebbe creato malesseri in chiunque non ne fosse stato lo psicopatico architetto. E poi lui era morto, questo si sapeva. Aveva sentito un dolore terribile, come una scarica elettrica, che sembrava aver mandato il suo corpo in frantumi. Si, va bene, riusciva a guardarsi le mani: era evidente che fosse tutto intero, ma nell’aldilà succedono strane cose…Si guardò attorno: prima di visualizzare quel posto non capiva dove fosse stato; aveva perso la cognizione del tempo e dello spazio, non capiva nemmeno se ci fosse un sotto o un sopra e se avesse dormito oppure no. Mentre osservava i particolari di quel luogo, notò che all’obbrobrio architettonico mancante se ne erano sostituiti altri due, se possibile, di entità peggiore.
– Allora deve essere l’inferno! – si disse. Già, non poteva essere altrimenti: con quello che aveva fatto in vita sua, se l’era proprio guadagnato! Anche se, nell’ultimo periodo, aveva lavorato parecchio per lavare le sue colpe. I suoi pensieri corsero indietro, fino ai Black Ghost dai quali si era fatto ridurre a una macchina assassina, per poi risalire all’incontro con il suo alter ego e a 008/Shimamura che stava per ucciderlo, al salvataggio di Francoise…e poi al suo ingresso nella squadra “00”, a quei traditori che erano diventati la sua famiglia, al suo lavoro nel laboratorio teatrale, a Francoise, che era diventata la sua vera ragione di vita, che aveva avuto e amato oltre ogni immaginazione, che aveva visto in lacrime mentre lui si dissolveva nel nulla e che ora…gli veniva incontro lungo quella strada di campagna, accompagnata da Geronimo! Non poteva crederci, non capiva…forse era tutto un sogno, oppure stava definitivamente impazzendo…
- Francoise…! – disse incredulo, prendendole il polso e guardandola intensamente negli occhi, senza capacitarsi di ciò che avveniva. La ragazza lo guardò, stranita e turbata come mai l’aveva vista.
- Bretagna, che…che ti succede? Stai bene? – disse lei, quasi spaventata: non aveva mai visto quello sguardo nell’amico: uno sguardo pieno di desiderio nei suoi confronti, ma, al tempo stesso, perso e disperato…le ricordava piuttosto lo sguardo di Joe in alcuni momenti. Geronimo intervenne, preoccupato.
– 007, è successo qualcosa di grave? –
“007?” in quell’ istante, un’intuizione gli si affacciò alla mente…era folle, ma…non era più nella sua dimensione!
- Io…sono 009…- disse scioccato, lasciando il braccio della ragazza e augurandosi che qualcuno gli chiarisse le idee. Geronimo si preoccupò ancora di più.
– Che dici?! Sei sicuro di sentirti bene? –
Fu Francoise, in quel momento, a comprendere chi si trovasse di fronte a lei.
– Tu…da dove vieni?-

“Bretagna, ovunque tu sia, interrompi quello che stai facendo e corri subito a casa!”
Il messaggio di 003 lo aveva trovato nella segreteria del cellulare che aveva staccato per andare a informarsi circa dei provini per uno spettacolo e, dopo averlo ascoltato, si era fiondato a casa: Francoise non lo chiamava quasi mai, anche se tra le righe di quelle parole si intravedeva una strana ansia ma non si presagiva alcuna tragedia. Spalancò di corsa la porta, rischiando di travolgere Punma che si era premurato di andare ad aprirgli dopo averlo visto arrivare e, quando entrò in soggiorno, per poco non gli venne un colpo nel vedere se stesso seduto su una sedia con le gambe accavallate in compagnia di Joe, Francoise e Geronimo.
– Come vedi, non c’è neanche bisogno che ti spieghiamo il problema! – disse Punma.
- Ma…ma tu non eri morto?! –
- “Buongiorno, ma che piacere rivederti! Come stai?” Comunque si, pensavo anch’io di essere morto e non ti chiedo come lo sapevi perché loro mi hanno già raccontato tutto! –
Il semi – infarto che venne a Bretagna non uguagliava neanche un po’ quello che venne a Chang appena entrò in casa con le buste della spesa, seguito da Jet.
– Due 007?! Nooo!!! Già uno è troppo!! Povero me, non sapevo che il mio karma fosse messo così male!!! – esclamò disperato facendo rotolare mele e patate in tutta la stanza alla vista  del Bretagna/007, come al solito appollaiato scompostamente sullo schienale della sua sedia girata al contrario, e il Bretagna/009, seduto elegantemente con la schiena dritta, le braccia conserte e le gambe accavallate!
- Ma che ha il nanerottolo? –
“Nanerottolo?” Lui non l’aveva mai chiamato così!
– Non farci caso: è  un tantino…”emotivo”!– rispose 007, laconico.
- Ah, come il nostro! –
Anche la reazione di Jet, dopo aver focalizzato che cosa fosse accaduto, non fu proprio all’insegna della cordialità, considerando che il primo e ultimo ricordo che aveva di lui era di essere stato steso, incatenato e pestato!
– Ciao, Jet! – fece l’ospite, come se lo conoscesse bene – scusami per l’ultima volta, non me ne volere, ma lo richiedeva il ruolo! – disse, ricordando perfettamente l’accaduto.
– Figurati! – rispose il ragazzo, con un sorriso che Joe conosceva bene e che non esitava a definire inquietante – Anzi, ricordo di doverti restituire qualcosa! – disse facendo schioccare il pugno nel palmo dell’ altra mano, con un gesto inequivocabile. Bretagna /009 non si scompose più di tanto, mentre il suo alter ego, che temeva Jet, lo guardò sgranando gli occhi.
– Se vuoi, restituiscimi tutto, ma non in questo momento, ti spiace? –
- Ok, ma sappi che non dimentico! – Joe tirò un respiro di sollievo, mentre 007 si chiedeva come avesse fatto il suo alter ego a cavarsela così a buon mercato…conoscendo 002, si rispose che voleva evidentemente far “maturare gli interessi” ancora un po’!
Ultimi all’appello, avvisati sempre da 003, arrivarono il dottor Gilmore e Ivan, insieme a 004 che aveva fatto da autista allo scienziato. Questa volta fu l’alter ego dell’altra dimensione a mancare qualche battito cardiaco vedendo il professore, salvo ricordare, due secondi dopo, del racconto fatto da Olivia, che, meravigliata, aveva incontrato un Gilmore pentito che aveva addirittura tradito i Black Ghost!
– Ciao, Albert! – disse Joe, con un eloquente sguardo preoccupato.
- Ah, tu sei il famoso “morto”! –
Jet e Seven sgranarono gli occhi: l’”ospite” stava spiattellando il loro “segreto” nel peggiore dei modi!
- Ehm, vuole dire che dall’altra parte ti distingui per la tua vivacità! – farfugliò Bretagna a 004, davanti allo sguardo perplesso del suo alter ego che non capiva il perché di quell’agitazione. Albert sospirò rassegnato.
 – Guardate che so tutto fin dall’ inizio. –
-  Tutto…cosa? – fecero i due amici.
– Di me, che non ci sono più e…di Hilda. – disse guardando altrove.
– Sai proprio tutto… “tutto”? – chiese Jet preoccupato.
– Si, se ti riferisci alla relazione del tuo alter ego con lei! – Jet era così in imbarazzo che né lui né Bretagna si chiesero in quel momento come facesse a saperlo.
– Comunque non vi preoccupate: lei non è la mia Hilda, così come la nostra non è la sua Francoise. Vi fate un po’ troppi problemi! –
A quel punto, Jet colse la palla al balzo per rigirare la frittata.
– Se sapevi tutto, perché diavolo non ce lo hai detto???-
- Così, perché eravate divertenti! –
- Che ti avevo detto: noi ci preoccupiamo, invece lui è proprio sadico! – fece Bretagna.
- Vi ho fatto soffrire tanto? – sorrise camuffando l’ironia con un’espressione quasi angelica.
– Si! – sbottò 002, indicando 007 – lui perché tenersi un segreto in bocca è come reggere un macigno, me perché sono dovuto diventare il suo confidente!! –
- Bene. Così imparerete ad essere diretti e sinceri! – concluse l’amico, divertito.
- Uhm – fece il Bretagna 009 guardando Albert con un sorriso – devo dire che mi sta decisamente simpatico! – mentre faceva questa osservazione, il dottor Gilmore attirò l’attenzione del gruppo schiarendosi la voce.
- Allora…dal momento che abbiamo fatto le “presentazioni”, forse è il caso di discutere su quanto sta accadendo…Dunque, da quanto mi ha detto Joe al telefono, tu non hai la minima idea di come hai fatto a trovarti qui, vero? – Bretagna 009 guardava il professore con la faccia perplessa: non riusciva a credere che uno dei più importanti membri dei Black Ghost, geniale quanto Gamo e più stimato di lui, in quella dimensione avesse potuto lasciare spontaneamente l’organizzazione…era successa la stessa cosa che era accaduta a lui e, se pure diversamente, a Bishop… Faceva decisamente fatica a relazionarsi con quell’uomo! Gilmore era molto intuitivo e, ricordando la brutta esperienza con il se stesso alternativo, comprese subito le perplessità del suo interlocutore.
- Dimentica quello che sai di me. Qui è tutto diverso, va bene? –
Nel tono conciliante e fermo del professore si nascondeva una punta di amarezza che venne colta all’istante. Bretagna 009 annuì, sentendo come se, nella sua diffidenza, avesse involontariamente mancato di rispetto all’anziano dottore.
Gilmore riprese il discorso senza troppi preamboli.
– Il fatto che tu non sappia come sei riuscito a venire qui può costituire un duplice problema: intanto ignoriamo se esista una copia della macchina extra dimensionale che i tuoi amici hanno distrutto con l’aiuto dei nostri 002 e 007 e, se non sei arrivato qui con l’ausilio di quella tecnologia, significa che vi sono altri modi di varcare il confine… dunque anche altri potrebbero farlo; inoltre la tua stessa presenza in questo mondo rappresenta una sorta di paradosso spazio temporale che, qualora non venisse risolto al più presto, potrebbe non essere avulso da serie conseguenze…-
- Di quali conseguenze sta parlando? – domandò Punma.
- Ne parleremo nella sala di sopra: forse ci sarà bisogno di fare alcune ricerche nel nostro database… Grazie, cara…- il professore sorrise a Francoise mentre prendeva la tazza di caffè che gli aveva porto. La ragazza appoggiò il vassoio sul tavolo e offrì una tazza al loro “ospite”.
- Quanto zucchero vuoi? –
- Amaro, grazie. –
- Prendi il caffè amaro?! Non ci assomigliamo per niente! – fece Bretagna quasi scandalizzato.
Francoise rise. – 007 farebbe prima a versare il caffè nella zuccheriera! –
- Già! – confermò Jet – se lo facesse cadere a terra, verrebbe il diabete al pavimento! –
Dopo aver riappoggiato le tazze, seguirono il professore al piano di sopra.
Gilmore prese posto al grande tavolo circolare che occupava il centro della stanza e fece cenno a Bretagna 009 di accomodarsi, il quale, per farsi spazio, accarezzò inconsciamente la spalla a Francoise. La ragazza arrossì, visibilmente a disagio, captando in quel tocco la stessa sensazione di quando le si accostava Joe. L’alter ego avvertì distintamente quella percezione di distacco e ritirò la mano imbarazzato, rendendosi conto delle gaffe; purtroppo per lui, anche 007 notò la cosa e non esitò a fare le sue rimostranze!
- Non farti venire strane idee: da questa parte Francoise sta con Joe e abbiamo sudato sette camicie per vincere le seghe mentali di 009 e farli mettere insieme! – quella dichiarazione pubblica non fece altro che aumentare ancora di più l’imbarazzo della ragazza, la quale ringraziò il cielo che Joe non fosse ancora entrato nella stanza e che con loro ci fossero solo Albert e Punma!
- Hai sudato sette camicie, tu e quell’altro genio di Jet! Da queste parti c’è anche chi adotta la filosofia del farsi i fatti propri! – specificò Albert.
- Confermo – disse l’alter ego tra sé e sé, ridacchiando – mi sta sempre più simpatico! Comunque l’ho capito, che sta con Joe, e nemmeno mi stupisce: anche nella mia dimensione tra loro c’era un rapporto particolare, prima del mio arrivo. E poi… - squadrò 007 dalla testa ai piedi - …non potrebbe essere diversamente, considerando che non hai il minimo fascino! –
- Grrr! Ti faccio presente che tu e io siamo la stessa persona! –
- Purtroppo si, ma, per fortuna, siamo diversi! – rispose l’altro con noncuranza.
Lo scambio di battute fu interrotto dall’ arrivo degli altri; Joe prese posto accanto a Francoise e non potè non notare l’espressione strana che aveva sul viso: ormai la conosceva troppo bene; tuttavia, tutto parve “normalizzarsi” quando Gimore iniziò a parlare, dunque non vi diede troppo peso.
- Quando parlavo di conseguenze, mi riferivo a più aspetti: all’idea del pericolo che il varco possa essere controllato da qualcuno o che possa addirittura aprirsi al di fuori del controllo di chiunque, fino all’ ipotesi che, forzandolo o abusandone, possa creare una sorta di corridoio a disposizione di chi possa o voglia varcarlo…anche se queste, francamente, sono solo ipotesi non verificabili; ma, soprattutto, mi riferivo al paradosso che nasce nel momento in cui ci si ritrova di fronte a “se stessi” o a qualcuno che non dovrebbe esserci nella nostra dimensione. – lo sguardo di Gilmore si spostò da Bretagna ad Albert – Voi riuscite a sostenere questa esperienza perché la vostra vita è già al di fuori della norma, ma una persona comune potrebbe anche impazzire; inoltre un visitatore di un’altra dimensione porta con sé storie, rivelazioni e informazioni che non possono fare a meno di influenzare la nostra impressione del mondo, nel bene e nel male; nelle altre dimensioni accadono eventi che hanno a che fare solo in parte con i nostri, ma si potrebbe arrivare a pensare che questi siano  come “percezioni” di un futuro certo nel nostro universo…dunque, in sintesi, la presenza di qualcuno proveniente da un altro universo, rischia di sovvertire la nostra percezione delle cose e condiziona anche inevitabilmente gli eventi futuri, oltre che mostrarci sotto una luce diversa quelli del passato: questo è l’effetto immediato della cosa e quello che può avere maggiori conseguenze sul lungo periodo…-
- Sta facendo un discorso sul genere della teoria “se una farfalla batte le ali in Cina si determina un uragano in occidente”? – chiese Punma.
- Si. E’ tutto in qualche modo collegato e anche piccoli episodi si ripercuotono nei grandi. – rispose Gilmore.
Albert prese la parola: - E questo senza considerare l’argomento di cui ci parlò a suo tempo Olivia Dhunam, ovvero di potersi sostituire al proprio alter ego: lo si potrebbe fare intenzionalmente, con scopi malvagi, o anche “ingenuamente”, pensando che, in fondo, eliminare l’altro se stesso non sia poi tanto grave, come se si fosse assolutamente intercambiabili! Chi arriva dall’altra parte potrebbe essere portato a pensare che, nonostante le differenze apparenti tra il suo mondo e l’altro, i due universi e le persone che li occupano siano sostanzialmente la stessa cosa…- nessuno sapeva che 004 parlava sulla base di un’esperienza vissuta e che solo grazie al perfetto controllo di se stesso e all’alter ego di Jet non aveva commesso un’azione dalle conseguenze gravissime.
- Non lo sono, ma bisogna dire che le somiglianze destabilizzano…- rispose Bretagna 009, perso nei suoi pensieri.
- Le differenze, purtroppo, sono anche fin troppo visibili – disse Albert, vagamente allarmato da quella considerazione - ad esempio, eccone una! – detto questo voltò bruscamente la poltrona di Francoise nella sua direzione, guadagnandosi un’occhiata severa da Joe, che non concepiva quel modo di fare così duro e insensibile, specialmente quando ci andava di mezzo 003.  Bretagna 009 non disse nulla, ma rimase con le mani incrociate davanti al volto a riflettere…Purtroppo Albert aveva ragione: lui rischiava di farsi obnubilare dal desiderio che aveva di lei e dimenticare come stavano realmente le cose in quel mondo…inoltre non poteva non considerare che, se quella esperienza gli fosse capitata nel periodo in cui stava con i Black Ghost, non avrebbe esitato un solo istante a uccidere 007 per prendersi la sua vita, e senza neanche provare un briciolo di senso di colpa: uccidere se stesso era il minimo, dopo averne fatti fuori tanti…
Infine, si decise a rompere il silenzio che si era creato dopo il gesto di 004.
- State tranquilli: ritengo che la mia vita sia molto meglio dall’altra parte e ritornarci quanto prima è l’unica cosa che voglio…- il suo tono di voce nascondeva un’inflessione quasi addolorata; se ne accorse subito e provvide immediatamente a sdrammatizzare com’era nella sua natura quando il pessimismo non prendeva il sopravvento - …anche considerando che se mi sostituissi a lui si accorgerebbe perfino un cieco della differenza!-
007 gli lanciò un’occhiataccia – Non ti pare di esagerare? – disse. Gli altri si misero a sghignazzare e lui guardò i suoi amici con la faccia interrogativa.
– Guardandoti dall’esterno arrivi perfino a dirtelo da solo, che esageri! – gli fece notare Punma. Anche Gilmore sorrise, poi ritornò sull’argomento rivolgendosi all’ altro Bretagna.
– Una cosa è certa: non appartieni a questo mondo e restarci potrebbe avere conseguenze disastrose! Adesso il nostro problema è capire come fare a farti tornare indietro…-
- Forse occorrerebbe che qualcuno, tipo Olivia, venisse a riprenderselo…- intervenne Jet.
- Si, la Dunham ci verrebbe di corsa! – disse ironicamente Bretagna, ricordando la diffidenza di Olivia nei suoi riguardi che, sebbene apparentemente superata, le era rimasta sottopelle.
- …il problema è che forse non sanno che sei qui. – continuò Joe - Ci vorrebbe un collegamento con l’altra parte. –
Seven guardò Jet.
– Che vuoi? – chiese lui, capendo le intenzioni dell’amico – E’ il mio alter ego che comunica con me, non viceversa! –
- E perché non può essere viceversa? Magari con un po’ di meditazione…- ipotizzò 007.
- Jet Link che medita?! – esclamò Bretagna 009, pensando al Jet della sua dimensione - Ti sei bevuto quel po’ di cervello che ti ritrovi? –
- Hey, che stai insinuando? – intervenne Jet, colto sul vivo - Guarda che, se voglio, sono capacissimo di concentrarmi anch’io! – La frase di Jet fu accolta da una risata generale, che ne suscitò le ire – Fate molto male a sottovalutarmi! –
- Ma dai! – disse Joe – non ti stiamo sottovalutando: era solo che l’immagine di te dedito alla meditazione è un po’… “insolita”! – l’amico gli sbuffò in faccia.
- Un momento – disse Bretagna 009 – com’è che il “mio” Jet comunica con te?! –
- Esattamente come tu comunicavi con me, te ne sei scordato? – disse 007 - Ti abbiamo detto che sapevamo di te nella squadra e di te e Francoise…-
- Già. Mi hai detto che sognavi i miei sogni, ma, riflettendoci, non mi hai detto come hai fatto a interpretare questi come informazioni! –
L’espressione di 007 si fece lievemente imbarazzata e lanciò uno sguardo a Francoise, ricambiato da un’occhiata interrogativa da parte della ragazza. – Questo te lo spiego più tardi, ti spiace? – farfugliò a bassa voce.
- C’è un’ipotesi che non abbiamo considerato. – disse Joe – Olivia possiede un suo alter ego in questa dimensione: magari è in grado, come lei, di gestire i passaggi extra dimensionali, oppure ha delle informazioni in merito…-
- Si, sembra un’ipotesi più concretizzabile dell’ altra…- riflettè Gilmore.
- Sempre che abbia lo stesso vissuto dell’altra Olivia – osservò Albert – e che ci si possa fidare, dal momento che la Dunham che abbiamo conosciuto non era propensa a fidarcisi! –
- Perché devi essere sempre così disfattista? – sospirò 007 – La Dunham che abbiamo conosciuto non si fidava nemmeno della sua ombra! -
- Al di là di tutto, questa al momento sembra l’unica strada da tentare! – affermò Punma, appoggiando Joe.
- Ho fatto un controllo nel database. – disse Francoise – La “nostra” Olivia lavora a Boston occupando lo stesso ruolo di quella che abbiamo conosciuto. Non sembra troppo complesso rintracciarla…-
- …Magari lo sarà di più avvicinarla…- continuò Joe.
- Oh, ma per te che avevi già fatto breccia nel suo cuore nell’altra dimensione, non sarà assolutamente un problema! – insinuò Bretagna 007 sfoderando un sorriso a trentadue denti! Joe e Francoise lo incenerirono con lo sguardo.
- Se vogliamo dirla tutta – aggiunse Bretagna 009, senza perdere la sua espressione serissima - non ha fatto breccia nel suo cuore, ma un pochino più in basso! – ora che la dose era stata rincarata, Joe si sentì veramente in imbarazzo, anche se, effettivamente, non si parlava esattamente di lui! Jet si chiese se l’alter ego di 007 lo facesse apposta o se le gaffe gli venissero proprio naturali come all’altro se stesso!

 

Quello stesso pomeriggio il gruppo preparò i bagagli per recarsi a Boston.
007 aiutò Punma a controllare il Dolphin.
- Non posso credere che tu non vada d’accordo con il tuo alter ego! – commentò 008, sfogliando l’inventario dell’attrezzatura - Credevo che un narcisista come te ci sarebbe andato a braccetto! –
- Evidentemente non sono poi così narcisista! – rispose Bretagna, con un tono alquanto seccato.
- Però, ecco, non per criticare…- si fece sfuggire il ragazzo con un mezzo sorriso.
- Ti ci metti anche tu?!? – Bretagna lo fulminò letteralmente!
 - Ma no, sto zitto. –
- Che volevi dire? – chiese Seven dopo due secondi, in preda alla curiosità.
- Lo sapevo, io! Bè, non per offendere, ma lui ha davvero qualcosa di più “affascinante”! –
- E’ normale che lo sembri: io sono sull’orlo di una crisi di nervi! –
- Posso immaginarlo, ma ritengo che ora più che mai dovresti fare appello al tuo self control…-
- Probabilmente non te ne sei accorto, ma sto facendo esercizi di respirazione da più di un’ora! -
In realtà, per motivi diversi, non era solo 007 a essere teso: un po’ tutti erano turbati da quella strana presenza tra loro e lo erano ancor di più dal fatto che si ignoravano le cause che l’avevano condotta fin lì.  Come al solito provvide Chang a modo suo a rasserenare gli animi prima della partenza.
- Adesso faremo quello che si deve fare necessariamente prima di entrare in azione! –
- Pregare? – disse l’alter ego con ironia.
- Se vuoi…io mi riferisco a: mangiare!!!- e, come un autentico prestigiatore, scodellò all’istante tre piatti di portata davanti ai suoi amici, “costringendoli” a sedere tutti a tavola prima di imbarcarsi.
- Però, sei proprio bravo a cucinare! – osservò Bretagna 009 - Molto meglio del nostro Chang, che si è fatto un orto grande quanto i giardini di Versailles e che tra poco ci trasformerà in capre a forza di produrre verdure! –
- Uhm, un orto…mi piacerebbe, ma la cucina si porta via troppo tempo…-
- Fai benissimo! Continua così! –
007 borbottò qualcosa – Facile parlare, per uno che non mangia cinese tutti i giorni! –
- Questo non è cinese, è giapponese, ignorante! – fece il Bretagna 009, togliendo le parole di bocca a 006 e beccandosi l’ennesima occhiataccia del suo alter ego mentre dava una piccola pacca sulla testa di Chang – Bravissimo, continua così! Giuro che non ti chiamerò mai più nanerottolo! – Chang sospirò quasi commosso – Finalmente qualcuno che apprezza veramente la mia cucina! Perché non resti tu al posto di “quello”? –
- Guarda un po’ tu! Mi preferisce il primo me stesso che passa!- commentò 007.
- E’ che, dopo aver conosciuto te, chiunque sembra meglio! – rispose Chang.
- Grazie, sai? Però…anche io preferivo l’altro Chang: un giardino in ordine e un bell’orto sono sempre meglio della cucina cinese! –
- Ancora con questa storia?? Giuro che ti lascerò a digiuno! –
- Non essere così permaloso: è semplicemente che ogni tanto cambiare non guasta…insomma, mica è colpa mia se quando ti capita tra le mani una foglia di lattuga devi per forza ricoprirla di pastella misteriosa e soffriggerla in salsa di soia! –
- Preparati a un lungo periodo di digiuno!!!- sbottò definitivamente il cinese mentre gli altri cercavano di ridere con discrezione per non diventare a loro volta oggetto della sua ira!

Giunsero a Boston e si appostarono a turno presso quella che doveva essere l’abitazione di Olivia e presso il suo posto di lavoro; dopo circa una giornata trascorsa senza trovarne traccia, 001 cercò di captare da un paio di suoi colleghi delle informazioni utilizzando la telepatia e ciò che ne emerse inizialmente fu che la Dunham era partita per una meta che non poteva essere rivelata; approfondendo, scoprì che era stata allontanata  perché in pericolo di vita, ma non vennero fuori ulteriori notizie. Appresa questa cattiva novità, urgeva tornare sul Dolphin e fare il punto della situazione.
- Certamente non ci arrenderemo per così poco: da qualche parte deve pur essere!! – Jet, anche se contrariato, era sempre battagliero e, in quel momento preciso, una buona dose di spirito combattivo era proprio ciò che serviva.
- Il problema è da dove cominciare, visto che potrebbe essere andata ovunque! …009? – fece Punma, ottenendo che si voltassero contemporaneamente Joe e l’altro Bretagna – volevo dire, Joe…-
Joe uscì dal suo consueto silenzio e propose una specie di “linea investigativa”: - Bè, potremmo cominciare tenendo sotto sorveglianza gli apparecchi telefonici delle persone più vicine a lei…sua sorella, qualche amico…001 ha capito che Olivia è andata via uno o due giorni fa; magari potremmo entrare in possesso delle immagini delle telecamere vicino casa sua per capire con chi era e dove potrebbe essere diretta…magari scoprire la targa del mezzo che ha preso…-
- Si, oppure entrare con un travestimento nella sezione dove lavora per saperne di più. – aggiunse 008 - Senti, Bretagna…- di nuovo si voltarono i due alter ego contemporaneamente – volevo dire, 009…- questa volta si girò Joe. – No, Joe, non ce l’avevo con te! –
- Qua mi pare di capire che abbiamo un problema! – disse Jet, interrompendo il “brain storming”.
- Non esageriamo! – fece 007 – chissà quante volte vi sarà capitato di avere un omonimo nella stessa comitiva! –
- Al mio paese siamo abbastanza originali con i nomi, quindi è difficile avere omonimi! –
- Ma no, non mi dire che non ci sono in giro altri Punma! – ironizzò l’alter ego di Seven.
– Nel mio caso – ricordò Jet pieno di nostalgia, con un romantico sorriso sulle labbra – provvidi subito ad appioppare al mio omonimo un simpatico soprannome con il quale non si rischiavano equivoci: io ero “Jet” e lui “stronzetto”! –
Punma alzò gli occhi al cielo. – Ok, ma nel nostro caso il problema non si pone adesso, bensì se dovessimo trovarci coinvolti in qualche battaglia! –
- Vi capita spesso? – chiese Bretagna 009, meravigliato.
– Molto più spesso di quanto tu possa credere! – rispose Seven.
– Facciamo così – risolse Punma – 007 sarà solo 007, idem per 009/Joe, mentre tu sarai solo Bretagna, va bene? –
- Fai una prova – disse il Bretagna dell’altra dimensione, indicando 007 – lui potrebbe non aver capito! – l’altro gli ringhiò praticamente contro.
– Guarda che io ho il tuo stesso quoziente intellettivo, idiota! –
- Andiamo proprio bene! – commentò Albert.

Iniziarono le indagini secondo le linee che avevano stabilito. Trovare Olivia si rivelava più complicato del previsto: la donna sembrava sparita nel nulla. Finalmente Albert riuscì a entrare in possesso di una nuova informazione: quella che sembrava essere la possibile destinazione della ragazza e della sua guardia del corpo, a circa cento chilometri da dov’erano. Si spostarono nuovamente, ricominciando da capo le ricerche. Bretagna 009 si dava da fare più di tutti, arrivando quasi a non dormire la notte; in compenso, colmava la mancanza di riposo con decine di caffè e centinaia di sigarette.
- Bè, visto che ormai devi restare qui ancora per un bel pò, rilassati! – gli disse 007 osservandolo mentre insisteva a studiare una mappa del territorio in cui si trovavano durante quella che doveva essere una specie di pausa.
- Tu sei una persona totalmente rilassata, vero? – gli rispose nervoso, sollevando appena lo sguardo.
- No, ma almeno mi sforzo! Perché buttarsi giù? Sei la versione triste di Albert. E ho detto tutto! –
- Perché? Vediamo…stavo per morire e mi ritrovo prigioniero in un’altra dimensione, lontano dai miei amici, lontano dalla mia donna, rischiando di non poter fare più ritorno e di sovvertire, con la mia presenza, l’ordine cosmico! In più, se pure dovessi tornare, probabilmente la mia donna starà con un altro perché così ho voluto…e, ciliegina sulla torta, sto con il mio alter ego che è un vero rompiscatole! Ti bastano, come motivazioni per essere depressi e volerci rimanere? –
- Mha, volendo se ne potrebbero aggiungere altre! Comunque dovresti pensare che magari si aggiusterà tutto.-
- “Dovrei”? Sei sempre così stupidamente ottimista?! –
- No, alle volte sono anche stupidamente pessimista! –
Francoise, che era presente allo scambio di battute, si mise a ridere e poi si rivolse al Bretagna 009. - Ma non te ne sei accorto? È’ la sua tattica per distrarti dai problemi! –
- Rompendo le scatole? –
- Si, così ti arrabbi con lui e non pensi al resto! –
- Complimenti! Un genio della psicologia! – rispose scagliando a 007 una saetta con lo sguardo.
- Bè, sai, sono cose che si affinano col tempo e l’esperienza! – disse l’altro con nonchalance.
- Si vanta pure! –
- Tu non rompi mai le scatole a nessuno? – chiese 007 col suo solito tono tranquillo.
- Spero non a questi livelli! Comunque vorrei vedere te al mio posto, come staresti! –
- Ovviamente, come te! –
- E allora perché tenti ottusamente di tirarmi su il morale quando sai che è impossibile? –
- Perché se avessi un alter ego simpatico come me stesso riuscirei a tirarmi su il morale! –
L’altro alzò gli occhi al cielo esasperato. – Come è possibile che stia qui con voi da sempre e non gli avete mai sparato?!-
007 e Francoise si scambiarono un’occhiata complice: per qualche minuto la “tattica di distrazione” aveva funzionato!

Purtroppo, più il tempo passava e più diminuivano le possibilità di rintracciare Olivia. In mezzo a tutto questo, Bretagna 009 era sempre più abbattuto e taciturno, oltre che agitato; in aggiunta alle sue motivazioni personali, avvertiva sempre più il peso delle parole che Gilmore aveva detto all’inizio, quando si erano incontrati: “la presenza di qualcuno proveniente da un altro universo condiziona inevitabilmente gli eventi futuri”… “ non appartieni a questo mondo e restarci potrebbe avere conseguenze disastrose”. Iniziò addirittura a ipotizzare che la sparizione della Dunham fosse in qualche modo collegata al suo arrivo, ma bastò che il suo alter ego gli ricordasse che in quella dimensione non era conosciuto quale membro dei Black Ghost per fargli capire che  l’idea era folle.
- Già: nel mio mondo, se l’FBI fa una ricerca su di me, trova il bastardo assassino; in questo trovano solo l’attore fallito alcolizzato! –
Albert lo guardò male: aveva insultato il suo amico! 007 cercò di non dare troppo peso a quello che diceva: dopotutto era la verità e con quella aveva già fatto i conti da molto tempo; tuttavia, gli sfuggì un pensiero che gli stava dentro dal primo momento che aveva visto il suo alter ego.
- A me hanno sempre raccontato che chi incontra se stesso incontra la morte…-
- Nel tuo caso, fino a qualche tempo fa poteva anche essere davvero così! Comunque anch’io conosco quelle storie e i personaggi che vi stavano dentro erano inevitabilmente uno buono l’altro cattivo. Diciamo che, nel nostro caso, io sono quello cattivo!- aveva ricominciato a provare rabbia verso se stesso, a odiarsi, e 007 avvertiva quella sensazione quasi come se fosse stata sua.
- Non puoi fare quella parte: se Francoise, nel tuo mondo, sta con te, non puoi essere certo cattivo! – gli rispose Seven, toccando il suo punto debole - Facciamo così: io mi prendo il ruolo del bastardo e lo interpreto dandoti una sberla! –
Improvvisamente l’altro ricordò la promessa che aveva fatto alla sua 003: non sarebbe mai più tornato ad essere quello di un tempo…
- Si, decisamente me la merito…- mormorò.
La sberla non gli arrivò e 007 sparì nella sua stanza sbattendo la porta.
“Quanto diamine è difficile salvare se stessi?”
Si decise a venir fuori dopo circa un’ora: aveva indiscutibilmente bisogno di calmarsi, altrimenti quella missione rischiava davvero di andare a rotoli. Si appoggiò a un albero e rimase a guardare un punto indefinito davanti a sé, cercando di non pensare a nulla. Sentì la voce del dottor Gilmore alle sue spalle che lo chiamava.
- Mi ha riconosciuto perché non ho la sigaretta, vero? –
L’anziano professore sorrise. – No, ti ho riconosciuto perché ti conosco bene! E’ dura, vero? –
- Non credevo di essere una persona così difficile! –
- Si, non sei facile, ma nemmeno così difficile! – commentò avvicinandosi.
- Lo spero proprio: io non so più chi sono veramente! In questo periodo mi sto ponendo più dubbi esistenziali di Joe e questa non è decisamente una cosa buona! -
– No, decisamente non lo è! – sorrise nuovamente Gilmore - Comunque nessuno può capirti meglio di me: non è facile conoscere il proprio lato oscuro…-
- Oh, io il mio lato oscuro lo conosco benissimo: non sa quante volte mi ci sono fatto un whisky insieme! – rispose con un tono vagamente sarcastico.
Gilmore sospirò – Comunque lui è così non solo per la situazione: non ha ancora fatto pace con se stesso. –
- E lo credo bene! Io non ho mai ammazzato nessuno, se si escludono gli scontri con i Black Ghost; sono stato solamente sospettato di un delitto mai commesso e, anche nella mia non colpevolezza, non riuscivo a sostenere il peso di quelle accuse. Non oso neanche per un istante immaginare come mi sentirei sapendo che ho torto un capello a un innocente, mentre lui si porta dietro delle cose a dir poco terrificanti! –
- E’ per questo che tu puoi aiutarlo: comprendi il suo stato d’animo come nessuno potrebbe farlo ed hai fatto pace con quello che eri e con quello che sei; sono certo che la tua vicinanza in questo (spero breve) soggiorno, lo migliorerà! –
Bretagna abbozzò un sorriso poco convinto – Spero che lui non peggiorerà me! –
- Ma no! Non lo credo possibile: sei molto più forte di lui! – il dottore rise davanti allo sguardo incredulo del suo interlocutore.
- Mi permetta di dubitarne: io, al posto di quell’altro me stesso, mi sarei già suicidato senza troppi complimenti! Se faccio il buffone è solo perché non voglio più abbandonarmi alla tristezza, dal momento che lo trovo incredibilmente patetico…o, per lo meno, ci provo…–
- E’ proprio per questo, che sei più forte di lui! -
- Se lo dice lei!- concluse con poca convinzione.
- Ad ogni modo non si può pretendere troppo dagli altri, e neppure da… “se stessi”! Penso che già il fatto che ci sia una differenza enorme tra la persona che vediamo ora e quella che hai conosciuto tempo fa nell’altra dimensione significhi un gigantesco progresso! –
- Ah, quello. E’ solo merito dell’altra 003…Per fare un miracolo serve sempre un angelo: prima o poi le apparirà anche un’aureola sulla testa!-
- Quasi dimenticavo: ero venuto a darti una bella notizia: la nostra 003 è riuscita in una intercettazione telefonica sul cellulare della sorella della Dunham: pare che le due donne vogliano incontrarsi oggi pomeriggio; l’unico problema è che non hanno detto dove. Olivia ha parlato del “luogo dove giocavano da piccole”… –
Sul Dolphin tutti erano in pieno dibattito circa il luogo dell’ incontro: anche la sorella di Olivia non era a casa sua da diverso tempo, come se l’avessero spostata per sicurezza. Nessuno intendeva giocarsi questa possibilità. 009 propose di dividersi, ognuno per conto proprio, per meglio coprire quelle che potevano essere le aree di interesse, come parchi e giardini pubblici, mentre 008 sarebbe rimasto sul Dolphin sperando di “agganciare” nuovamente il telefono della sorella di Olivia e localizzarla.
Si fecero le 17.30, l’ora dell’appuntamento. Ognuno aveva raggiunto la sua postazione.
Bretagna 009 stava controllando un giardino a est della città dove Olivia aveva abitato un certo periodo, ma qualcosa non lo convinceva… Gli pareva che  qualcosa gli sfuggisse…certo, sapeva poco di Olivia; non parlavano molto, però, quando era stata ospite da loro, gli era capitato di ascoltare delle conversazioni tra lei e Joe o con qualcun altro del gruppo…Quindi? Cos’era che non riusciva a mettere a fuoco? Girò il parco in lungo e in largo; erano già passati venticinque minuti dall’ora convenuta e delle donne nessuna traccia; poi, all’improvviso, ebbe l’”illuminazione” e ricordò uno degli aneddoti che aveva sentito da Olivia: raccontava che lei e sua sorella erano ogni tanto delle perfette incoscienti perché andavano a giocare nel giardino incolto di una vecchia casa abbandonata… evidentemente doveva essere ancora in quello stato, se dovevano incontrarsi là e un posto simile si prestava certamente meglio di un luogo pubblico.
Mutò la sua forma in quella di un falco e si precipitò verso quella che riteneva la giusta meta. Impiegò circa dieci minuti per giungere a destinazione e, dall’ alto, identificò la sorella della donna che si allontanava dall’ edificio abbandonato, situato una cinquantina di metri più in là.
“Hanno già fatto tutto?” si chiese, preoccupato di aver fallito la ricerca  “L’appuntamento più breve del mondo! Capisco che sei braccata da qualcuno, ma dieci minuti in più con tua sorella potevi anche trascorrerli!”.
Sorvolò la casa in rovina e l’enorme giardino che la circondava e, con sua enorme sorpresa, scorse una figura che pareva quella dell’Olivia che conosceva lui in compagnia di Francoise Arnaud! Scese in picchiata dietro una siepe e, ripreso il suo aspetto, si diresse veloce verso le due donne. Entrambe, sentendo il rumore dei passi, estrassero la pistola in atteggiamento difensivo, costringendo Bretagna ad avvicinarsi con le mani alzate.
- Sei tu, meno male! – disse 003, riponendo l’arma.
Quella “Olivia alternativa” aveva un aspetto molto meno aggressivo di quello al quale erano abituati: indossava un tailleur scuro con una camicia bianca e portava i capelli legati. Appena vide l’uomo, sul suo viso si dipinse un’espressione che era un misto di stupore e paura, come se, in qualche modo, lo conoscesse e lo temesse. Sia Francoise che Bretagna 009 notarono questo cambiamento, ma non fecero in tempo a comprenderne la ragione perché dal cancello arrugginito fece ingresso una grossa moto con a bordo un tizio nerboruto armato fino ai denti.
– Evans, aspetta! – gridò Olivia, ancora sconvolta. L’uomo, per tutta risposta, la sollevò con lui sulla moto come se fosse stata un fuscello, mentre 003 e 009 “alternativo”, che non si stavano rendendo conto dell’ accaduto, furono scossi dalla voce di 007 alle loro spalle, che urlava:
- Attenti! Ha in mano una granata! -
007 tentò di colpire Evans per impedirgli di attuare il suo proposito, ma mancò il bersaglio e la piccola bomba scoppiò a pochi metri da loro mentre Olivia e il suo “gorilla” si dileguavano rapidissimi.
L’esplosione sollevò un’alta nuvola di polvere, che non tardò a diradarsi, mostrando il corpo di Francoise riverso a terra. Bretagna 009 si precipitò preoccupato a soccorrerla.
- 003! Francoise… - si inginocchiò accanto a lei e tirò un respiro di sollievo constatando che era solo svenuta. Le spostò le ciocche di capelli che le ricadevano sul volto e la sua nostalgia lo spinse inconsapevolmente a indugiare accarezzandole il viso e le labbra.
- Non toccarla in quel modo! – quell’ordine, intimato dal suo alter ego con un tono severo e deciso, lo riportarono alla realtà. Non aveva mai sentito 007 esprimersi in quella maniera e, per la prima volta, riconobbe in lui “se stesso”.
- Non voglio che tu commetta qualche idiozia rovinando il rapporto che ho con Francoise e con Joe.- continuò con la medesima intonazione.
- Si…hai ragione. Scusa. – era sinceramente mortificato e 007 si pentì per un istante di essere stato così duro. In quel momento 003 riprese conoscenza e tentò di rialzarsi: le bastò uno sguardo per capire chi l’aveva soccorsa, ma preferì dare la mano a 007, che gliela aveva porta, per tirarsi su e farsi sostenere.
- Sto…sto bene, non preoccupatevi. –
- Che ci facevi qui?! – chiese Bretagna 009, iniziando a rimettere insieme le idee.
- Improvvisamente ho ricordato una battuta di Olivia sulla sua infanzia, così, essendo di pattuglia qui vicino, ho pensato che magari il posto giusto potesse essere questo;  difatti non mi sbagliavo: mentre aspettavo che si congedasse da sua sorella ho avvisato 007 che mi trovavo qui…-
- Perché lui e non Joe? –
- Perché era nei dintorni e perché mi sembra coinvolto in questa storia più di chiunque altro! – Francoise ebbe come l’assurda sensazione di doversi giustificare con quello che, nell’ altra dimensione, era il suo uomo! - …Comunque ho fatto appena in tempo a dirle che avevo bisogno di parlare con lei e che ci serviva assolutamente il suo aiuto…poi è successo quello che è successo! –
La missione sembrava fallita. Tutti erano tornati sul Dolphin per far luce sull’ accaduto e decidere le prossime mosse.
- …in ogni caso, lanciare una granata mi sembra un tantino esagerato per una semplice guardia del corpo! – commentò Jet quando gli altri raccontarono la vicenda.
- Lo penso anch’io: immagina se lo facessero i gorilla delle star del cinema vicino al red carpet! – gli fece eco 007.
- Quel tipo vuole il gioco duro. Se ci ha dichiarato guerra in questo modo deve esserci una ragione che va oltre il semplice ruolo di bodyguard! – disse il Bretagna 009.
- Tra l’altro dici che Olivia, vedendoti, si è spaventata, è così? – domandò Albert.
- La sensazione è quella, ma non può conoscermi come quello che lavorava nei Black Ghost, a meno che non conosca bene anche la mia dimensione! Anche se, riflettendoci… la “mia” Olivia aveva il potere di capire se una cosa o una persona venivano dall’altra dimensione perché, ai suoi occhi, emettevano una specie di bagliore…–
- Adesso t’ha visto pure con l’aureola come gli angioletti? – ironizzò 007. L’altro lo guardò sbuffando.
Joe, concentrato nelle sue riflessioni personali, si decise a fare un’altra osservazione.
- Un momento…la guardia del corpo non era sul posto con Olivia, cioè dove doveva essere al momento dell’ appuntamento…Se ci fosse stata, anche nascosta, Francoise l’avrebbe notata…-
- Dunque? –
-…dunque Olivia è scappata. E’ scappata dalla sua guardia del corpo. –
- Non ti sembra un’azione piuttosto sconsiderata per una tipa precisa come lei? – osservò Chang aspirando una boccata alla pipa.
- Non sappiamo se qui ha lo stesso temperamento della persona che conosciamo noi, ma è proprio questo il punto: un agente in pericolo non si allontanerebbe dalla sua guardia del corpo per incontrare la sorella… c’è qualcosa di strano…-
- Da come si è comportato il suo gorilla, direi proprio di sì! – commentò Albert.
- … tra l’altro non sappiamo neppure da chi e perché sta scappando. – ricordò Punma.
- Forse qualcuno sa dei poteri della donna e la vuole per i suoi scopi… E se i Black Ghost stessero facendo ricerche sui passaggi extradimensionali anche nel nostro mondo? Avere a che fare con una simile organizzazione giustificherebbe una reazione così eccessiva da parte della guardia del corpo… Magari ci hanno scambiati per qualcun altro.- ipotizzò Albert.
– Potrebbe anche darsi – disse Joe – solo che stiamo navigando in mezzo a delle semplici supposizioni: in realtà ignoriamo se questa Olivia possiede le stesse facoltà del suo alter ego e, a causa del posto di lavoro che occupa, è comunque soggetta a rischiare la vita; in più i Black Ghost non sono certo l’unica organizzazione criminale dedita a “stramberie” sull’intero pianeta! –
- Possiamo supporre quello che ci pare – intervenne Bretagna 009 – il problema è e rimane sempre uno: come facciamo a rintracciarla! - 
- Bè, sapere le cause della sua fuga aiuterebbe a capire che fine ha fatto! – ribattè Punma.
– Non dovete darvi pensiero: mi sono preoccupata io di trovare un sistema per recuperare le tracce!- disse Francoise entrando in quel momento nella stanza – Ho applicato una microspia alla sua borsa!-
- 003, sei magnifica! Sei sempre la migliore di tutti!! – 007 era decisamente entusiasmato da quella notizia!
Jet guardò Francoise con un sorriso divertito. – Cosa c’è? – fece lei.
- Com’è che, con una granata esplosa a pochi metri da voi due, lui ha la camicia a brandelli e la tua, purtroppo, è rimasta integra? –
La ragazza si portò una mano alla fronte, sconsolata – Perché io mi sono coperta con la sciarpa di 007 e sono corsa a cambiarmi! Dove credi che sia stata fino ad ora? Di certo non mi mettevo a conversare con voi tutti in quello stato! –
002 ridacchiò e guardò 007 che ricambiò il risolino – Ma tu devi sempre fare il cavaliere nel momento meno opportuno? –
Solo in quel momento l’alter ego si rese conto che Indiana Jones in mezzo a una palude popolata di pirana, , rispetto a lui, sembrava abbigliato per una serata di gala!
- Vieni, ti presto qualcosa di mio: decisamente dovresti avere la mia taglia! – disse Seven. Andarono nella stanza che occupava sul Dolphin ed estrasse la sua valigia.
- Riflettendoci, sei proprio cupo! – osservò - Io mi vesto interamente di nero solo quando lo richiede il ruolo o…il funerale! O se mi vesto alla cieca! - effettivamente, anche quando vestiva tutto di scuro, 007 indossava sempre almeno un particolare che non lo fosse, come una giacca o anche solo una cravatta o un paio di bretelle.
- Allora è appropriato, visto che ufficialmente sono morto io! – rispose l’altro con un tono tra l’amaro e l’ironico. 007 glissò.
- Sarai morto ma non lo hai fatto come si deve! Ti do qualcosa di più colorato… –
- Prima anch’io vestivo così…-
- E poi? -
- …poi si matura! –
- Ah. Intendi dire che si diventa noiosi, vero? Comunque fammi il favore: levati quella camicia nera che sembri un corvo spennato! – disse passandogliene una a tinta unita color giallo caldo, accompagnata da una cravatta nera.
- E con questa sembrerò l’ape maia! – disse l’altro guardando l’indumento e realizzando che, purtroppo, considerando lo stato del suo, non aveva altra scelta che indossarlo!
- Se non ti piace, sceglitene un’ altra! – tagliò corto 007.
- Lasciamo perdere: eviterei volentieri di curiosare nel tuo guardaroba! -

Improvvisamente, tutto si era rimesso in moto. Bisognava sbrigarsi. Il segnale della microspia indicava che i due si erano rifugiati in una città poco distante. Nonostante la possibilità di seguire quella traccia, non si poteva dire che il trasmettitore fosse particolarmente preciso, e di questo si resero conto quando si ritrovarono in mezzo ai grattacieli con mille impulsi che disturbavano la frequenza della loro tecnologia; in più sembrava che Oliva e il suo bodyguard si spostassero continuamente, complicando, se possibile, le ricerche. Non potendo avvicinarsi con il Dolphin, presero in affitto un piccolo appartamento nel cuore di quella che sembrava l’area in cui avvenivano gli spostamenti e da lì iniziarono a introdursi nei vari edifici cercando di rintracciare la provenienza del segnale. Così facendo erano già trascorsi due giorni, in cui tutti apparivano terribilmente inquieti; naturalmente, nessuno poteva esserlo quanto il loro “ospite” dell’altra dimensione! Tra l’altro, nelle brevissime pause che si concedeva in mezzo alle ricerche, si rendeva conto che stare con le “copie” dei suoi amici lo stava sempre più destabilizzando. Poteva tranquillamente essere a casa, ma non lo era, e questo era ben chiaro soprattutto quando vedeva Joe con Francoise: non che i due si lasciassero andare in pubblico a particolari manifestazioni d’affetto, probabilmente pìù per com’era il carattere di lui che di lei, ma si avvertiva un’energia speciale tra loro, un vero e proprio magnetismo; e poi…lo sguardo di Francoise: fissava Joe con gli occhi pieni d’amore; dall’altra parte quello sguardo era per lui. Ne fu quasi geloso.
“Era così che mi sarei sentito se le cose non fossero andate come sono andate…”  pensò a quanto fosse stato immeritatamente fortunato. “Però anche Joe qui è diverso…ha capito che doveva lasciarsi andare…certo, in pubblico, mantiene sempre un sobrio stile orientale, ma, probabilmente, sa renderla più felice di quanto non potrei fare io.” Quel pensiero gli fece provare una immensa tristezza.
 “Idiota!” si disse da solo “Adesso mi metto pure a fare i paragoni!”.
Francoise, dal canto suo, era visibilmente in imbarazzo quando stava da sola con lui…non che ci fosse nulla, ma non riusciva decisamente a immaginare una se stessa fidanzata con Bretagna! Anche se quello lì aveva alcuni aspetti nel carattere che gli ricordavano Joe, e questa poteva essere una motivazione valida…Un Bretagna con il carattere di Joe! Ne aveva parlato qualche giorno prima con Jet (ancora si chiedeva perché insistesse a confidarsi con lui!) e la sua osservazione fu: “ Un mostro mitologico! Come si fa a mettere insieme i più grossi difetti dei nostri amici – l’aspetto di Bretagna e il carattere di Joe – in una sola persona? Stiamo chiaramente parlando di un mostro!” Stava completamente assorta in questo pensiero con un’espressione di biasimo dipinta in volto mentre riportava un paio di tazze vuote nella cucina microscopica del loro appartamento  temporaneo e non si rese conto di andare a sbattere proprio contro l’alter ego di Bretagna che ne stava uscendo in quell’istante. Lui, istintivamente, bloccò le tazze che sarebbero miseramente andate in frantumi e, contemporaneamente, le strinse la mano mentre l’aiutava nel recupero. I loro sguardi si incrociarono e quegli occhi blu a distanza ravvicinata gli fecero nuovamente mancare qualche battito cardiaco. La ragazza si scostò, arrossendo senza una ragione. Lui pensò di essere ricaduto nel suo solito errore, e ritenne di doversi scusare.
- Perdonami, lo so che non sei la mia Francoise, ma le assomigli davvero tanto…hai perfino il suo stesso profumo…-
- Che profumo ho? – domandò lei incuriosita.
- E’ un po’ difficile da descrivere…profumi di Parigi, di palcoscenico, che è il profumo più bello del mondo, ma, alle volte, porti con te l’odore di certe sere stellate quando è primavera…- parlava come se lo stesse facendo con se stesso e, quando si voltò verso la ragazza, vide che era diventata completamente bordeaux! Bretagna le parlava qualche volta in modo simile, ma con un tono scherzoso e per prenderla in giro,  non con una reale passione.
- Scusa, l’ho rifatto di nuovo; non intendevo metterti in imbarazzo…-
- Ma no, figurati: sono stata io a chiederti questa cosa… Se l’ami tanto, non credo che le piacerebbe sapere che ti arrendi: se vuoi farcela a tornare dall’ altra parte, devi crederci! –
- Forse è così, ma la fede si può riporre solo in ciò che si reputa certo… e io non so cosa accadrebbe se non potessi più passare  nel mio mondo. –
- Abbi fede e basta! Qualcosa di positivo avverrà sicuramente! – lo sguardo di Francoise era luminoso e sincero; anche se quella Francoise non lo amava, le sue parole erano cariche di forza e, in quel momento, non si poteva non credere in ciò che diceva.

Il giorno seguente fu estremamente infruttuoso, ma fu il giorno dopo ancora che ebbero un’amara sorpresa: Jet e Joe stavano facendo insieme le ricerche e, questa volta, avvertivano il segnale del trasmettitore più nitido che mai…Erano senza dubbio molto vicini, talmente vicini che avrebbero potuto voltare l’angolo e trovarsi Olivia davanti; con questo spirito entrarono nell’ingresso di un grande edificio pieno di uffici e, quando furono praticamente sulla fonte del segnale, videro che questo proveniva dalla carrozzella di un anziano disabile, trasportata da una nerboruta donna di colore. Jet non riusciva a capacitarsene; un primo istante pensò addirittura a un travestimento della Dunham, ma provvide Joe a farlo ragionare ricordandogli che 003 aveva piazzato la cimice sulla borsa di Olivia e che né quell’uomo né la sua assistente avevano borse. 009 si staccò un istante dall’amico e si avvicinò con gentilezza e discrezione all’uomo sulla sedia a rotelle, chiedendogli di poter verificare una cosa; si chinò dietro alle ruote del mezzo e lì, con lo sguardo carico di sconforto, trovò la microspia di Francoise.  Non fu facile dirlo agli altri. Jet era indignato non solo per aver occupato quei giorni a girare a vuoto, perdendo per un soffio l’occasione di raggiungere l’obiettivo, ma anche per il cinismo dimostrato dai due nel collegare la cimice al mezzo di un disabile!
Bretagna 009 reagì in modo glaciale, sorprendendo tutti, che si aspettavano uno scoppio di rabbia. “Quando sto zitto sono pericoloso!” si disse 007, che ne comprendeva meglio degli altri la natura. Infatti, ormai era come se il suo alter ego stesse definitivamente abbandonando le speranze di poter tornare nel suo mondo. Avrebbe voluto dare ascolto a Francoise, avrebbe voluto essere più combattivo, ma quella cosa faceva parte del suo maledetto carattere: quando le situazioni si mettevano davvero male, era come se il suo sguardo fosse perso nella nebbia e gli pareva impossibile venirne fuori. Perfino 007 iniziava seriamente a preoccuparsi, al punto che, quando lo vide allontanarsi da solo nella boscaglia dopo il loro rientro al Dolphin, decise di seguirlo; si era fermato in una piccola radura e stava ripetutamente sparando colpi di pistola contro un masso, incurante dei proiettili che gli rimbalzavano contro. Quando si fermò, guardò l’ultimo proiettile che restava nella canna con uno sguardo che rasentava la follia.
- Quella pistola è vera, sai? Non è mica un oggetto di scena! – la voce del suo alter ego lo riscosse dai suoi spaventosi pensieri. Cercò di tornare in sé, simulando indifferenza.
- Lo so meglio di te: a differenza tua, la so usare! –
- Non lo metto in dubbio…- 007 gli girò intorno con le mani in tasca, fingendo di guardare altrove – …ma non farti venire in mente idee che non vorresti mai concretizzare e metti via quell’arnese! – L’altro continuò a fissare l’arma.
- E tu che cavolo ne sai? Cosa ne sai…di quello che potrei fare! –
- Ovvio! Perché io sono te e tu sei…siamo morbosamente attaccati alla vita! Se non lo fossi stato ti saresti fatto uccidere da me il giorno che ci siamo incontrati. E non catalogare questa cosa nella categoria “non so quello che faccio e perché lo faccio”, perché io lo so: non vuoi morire e, anche se ogni volta c’è qualcosa che ti fa pensare “adesso è finita”, esiste sempre un motivo, anche uno solo, per andare avanti! – detto questo se ne andò senza aggiungere niente: una perfetta uscita di scena, che lasciò l’altro se stesso stordito dalla consapevolezza di quanto fossero vere quelle affermazioni.
007 cercò di allentare la tensione preparandosi un the ed esternando un po’ di pensieri ai suoi amici.
- Non posso credere che, in un’altra situazione, io potrei davvero essere così!-
- Se un po’ di anni fa avessi potuto vedere come sono adesso, avrei detto la stessa cosa! – disse Albert col consueto tono ironico.
- Sul serio: non so cosa pensare… Se quello sono io, allora chi sono davvero? –
- Mi pare esagerato porsi tutti questi quesiti esistenziali! – rispose l’amico – Ricordati che quello che stai vivendo è un paradosso: non mi sembra opportuno fondarci sopra un trattato!-
- Va bene, ma… tu cosa pensi di lui? E bada che non ti sto chiedendo indirettamente che pensi di me! –
- Penso che lui sia molto più lucido di te per quanto riguarda l’azione, mentre tu sei molto più capace di lui nel capire le persone…Comunque farsi un’idea di qualcuno in una situazione estrema potrebbe generare errori di valutazione…- era chiaro che 004 era poco propenso a esprimersi, come al solito, d’altronde.
- …In tutto questo tempo mi sono sempre chiesto che aspetto potesse avere un “me stesso” che riesce a farsi amare da Francoise, ma, adesso che l’ho conosciuto, la cosa continua ad essere per me un vero mistero! Certo che quella ragazza ha davvero degli strani gusti…-
- Grazie! – disse Joe lanciandogli un’occhiataccia.
- Ehm…non intendevo dire che…-
-Ma l’hai detto. -
 - Dovresti comprendere che nella vita una delle cose più importanti è apprendere l’arte del silenzio! – dopo aver detto questa frase, Chang risplendeva quasi di un’aura mistica come un piccolo Budda, ma la cosa durò una manciata di secondi, il tempo intercorso tra quando 007 si voltò a guardarlo meravigliato e quello in cui alzò la mano per mandarlo a quel paese!
In quel momento Bretagna 009 rientrò dalla porta posteriore, come al solito perso nei suoi pensieri mentre si accendeva distrattamente una sigaretta. La sua espressione era leggermente più distesa…
- Fumi? – gli fece 007, come se avesse dimenticato la loro conversazione di poco prima.
- Capirai la novità! Uh…hai intenzione di chiedermene una, vero? –
-Indovinato! –
- Non dargliene – disse Albert – o non la finirà più di scroccartele! Perchè non te le compri? –
- Non voglio mica prendere il vizio! E poi, come si dice, “una per uno non fa male a nessuno”!–
- Anche tu sei così bravo a rigirarti i proverbi? – chiese 004 all’altro Bretagna.
- Mai fatto, ma devo dire che lo spunto è interessante! – rispose abbozzando un sorriso.
- Sono drogate? –
- No, perché? –
- State andando d’accordo! –
Gilmore entrò in quel momento; in quei  giorni trascorsi  da solo con Ivan sul Dolphin aveva riflettuto su altre soluzioni, anche se, da una parte, temeva dovervi ricorrere.
- Forse la Dhunam non è la nostra unica speranza…- Questa frase fu accolta come uno scroscio di pioggia nel deserto.
- A che si riferisce? – domandò Albert.
- Anche se la cosa non sarà semplice e presenta dei rischi…a Walther Bishop. –
- Ma lui lavorava per i Black Ghost… se il suo percorso di vita non è stato lo stesso della mia dimensione, non potrebbe essere che lavori ancora per loro? – osservò Bretagna 009.
- Bishop non era nei Black Ghost. – disse il professore con sicurezza.
- Quindi, le sue ricerche? –
- Contrariamente a ciò che puoi pensare, le ha approfondite! Non bisogna necessariamente appartenere ai Black Ghost per fare cose eticamente sbagliate. Forse lui o le cavie dei suoi esperimenti, di cui faceva parte Olivia Dhunam, possono essere la sola possibilità per riaprire il varco…-
 - E dov’è ora Bishop? Al manicomio? –
- Niente affatto! Credo che abbia una cattedra a Boston! –
- Allora che aspettiamo? Andiamo a incontrarlo! – disse 007, ricaricato da quella notizia.
- Aspetta, frena gli entusiasmi: ricordi cosa disse Olivia a proposito del suo alter ego? Non si fidava, anche se parlava di “se stessa”. Dobbiamo prima fare delle indagini!- gli fece notare 004.
Bretagna 009 gli fece seguito – E’ così: non possiamo rischiare con una testa geniale come quella di Bishop; se tu avessi lavorato per i Black Ghost ti saresti scorticato di dosso almeno un poco di quella goffa ingenuità! – 007 dovette ammettere che purtroppo era vero!
All’ improvviso, Bretagna 009 fu colto da un interrogativo : - Dottore, il figlio di Bishop, Peter, lavora con lui? –
- Bishop non ha figli! O meglio: suo figlio è morto quando era bambino. Quell’evento deve averlo segnato molto…- La notizia di non trovare Peter in quel mondo allo stesso modo in cui Albert non era nel suo, lo lasciò piuttosto sconcertato e gli trasmise una brutta sensazione che avvertì sottopelle: Peter era molto importante per Walther, così come Francoise lo era per lui; Bishop era cambiato anche per suo figlio… cosa ne era stato di lui senza quell’ affetto? Che tipo d’uomo avrebbero incontrato?

 

Capitolo 2

Il Dolphin si mosse nuovamente per coprire quei pochi chilometri che li separavano dalla città. L’umore di tutti, nonostante le preoccupazioni legate a quel nuovo tentativo, pareva decisamente cambiato in positivo, soprattutto quello di 007, che aveva deciso di impiegare i tempi morti tempestando “se stesso” di domande.
- Conoscevi Dan Milligan? –
- Si, ci ho lavorato insieme. –
- E Ken Bride? –
- Si. –
- Anche Patrick Finnegan? –
- Vuoi piantarla di farmi domande su un passato che non mi va di ricordare? Sei più curioso di una scimmia! –
- Tra l’altro stai facendo esattamente ciò che il professore si augurava non facesse nessuno con il proprio alter ego! – si intromise Chang con un tono di rimprovero che non fu minimamente colto.
-Bè, ci sono delle cose nel passato che, in qualche modo, mi sfuggono; confrontarmi con una vita alternativa può darmi delle risposte! – si giustificò l’amico.
- Appunto: niente di più sbagliato!- ribadì l’alter ego, dando implicitamente ragione a Chang - Tra l’altro, come mai a me non interessa assolutamente niente di tutto ciò?!-
- Perché tu hai già trovato chi ti da tutte le risposte che ti servono e non hai bisogno di cercarne altre! – rispose 007.
- A chi ti riferisci? –
- A Francoise, è logico! E poi non bisogna mica fidanzarsi con una persona, per conoscerla: vivo con lei da una vita e siamo ottimi amici! Cioè…siete fidanzati, vero? Non è che la stai prendendo in giro e non hai intenzioni serie? –
- Aaarghh!!! Come avete fatto a non ucciderlo fino ad ora??? – sbottò Bretagna 009.
- Siamo persone molto pazienti! – rispose Punma.
- E poi, infondo, ha anche dei lati positivi! – disse Albert.
- “Infondo”? Grazie mille! –
- Però, ripensandoci,  non sarebbe male tenerci l’alter ego, vero? – propose Albert.
- Ottima idea! E l’originale lo spediamo dall’altra parte! -  approvò Jet.
- A me non dispiacerebbe, visto che là almeno starei con Francoise! – disse Bretagna, mal celando un certo risentimento.
- Non pensarci nemmeno per un secondo! – esclamò l’altro se stesso.
– Bene. Almeno adesso so che hai intenzioni serie! – sorrise Seven, soddisfatto della “provocazione”!
“Accidenti!” pensò l’altro “ possibile che questo deficiente riesca a ottenere le risposte alle sue domande anche senza chiedere? Assurdo, sembra stupido ma le azzecca sempre!!”
– Stai facendo insinuazioni, vero? – disse 007 irritato, dopo avergli gettato un’occhiata.
- Cos’è, leggi la mente come 001? – chiese l’altro, per niente turbato.
- No, leggo le facce, e quella la conosco fin troppo bene! –
- Mi fai pensare che tu non avresti avuto intenzioni serie con lei! –
- Effettivamente, ripensandoci…tu sei me, quindi sapevo in parte la risposta…ma non si sa mai: magari sei un me con qualche tendenza di me ragazzino! –
- Quello che ha le tendenze di ragazzino sei solo tu, qua dentro!! –
- Io invece, non so per quanto ancora potrò sopportare Bretagna in conflitto esteriore con se stesso!- disse Albert, cupo.
- Già – confermò Punma - Se avesse una personalità lineare le cose sarebbero più semplici; purtroppo adesso tutte le sue contraddizioni sono materializzate davanti a noi! Dobbiamo rispedirlo dall’altra parte, prima che Seven si giochi quei due o tre neuroni buoni che gli rimangono! –

Nella  nuova parte della missione fu Gilmore a prendere in mano la situazione, dal momento che era l’unico ad aver conosciuto Bishop e a muoversi con disinvoltura nel suo ambiente.
- Non dobbiamo insospettirlo: andrò io a parlare con il dottore usando la scusa di nuove ricerche che sto svolgendo e cercherò di capire se può aiutarci! –
Quando furono a destinazione decisero che a recarsi con il professore al campus dove alloggiava Bishop sarebbero andati solamente Albert, in veste di accompagnatore ufficiale, Joe, Francoise e Bretagna 009 che, oltre ad essere direttamente interessato, fu ben felice di staccarsi per un po’ da 007! Avrebbero preferito che vi fosse anche Ivan con loro, ma il bambino stava facendo uno dei suoi soliti “sonnellini” di due o tre giorni!
Il luogo dove entrarono era una specie di “cittadella degli studi”, organizzata in una formula mista tra i college inglesi e quelli americani: vi erano studenti molto giovani, scelti perché particolarmente promettenti, che alloggiavano lì grazie a borse di studio, e giovani universitari; tutto era piacevolmente immerso nel verde di un enorme parco che andava ben oltre l’area utilizzata per le aule e gli alloggi e c’era un continuo via vai di ragazzi e docenti.
Gilmore si sentiva perfettamente a suo agio e aveva anche incontrato dei vecchi colleghi che lo avevano invitato a fermarsi un po’ con loro; l’invito era stato esteso agli accompagnatori, che tuttavia preferirono defilarsi gentilmente e attendere il professore sostando presso una panchina.
I quattro si misero a parlare un po’ del più e del meno, quando, a un tratto, come negli incubi dei film horror, in fondo al viale, si materializzò davanti agli occhi di Bretagna X4 in persona: si spostava con zaino in spalla e passo indolente, senza guardarsi attorno, in direzione di uno degli edifici.
Fu tutto in un istante: Albert colse al volo il cambio di espressione di Bretagna, la direzione del suo sguardo e il movimento che fece portando la mano nella giacca dove teneva la pistola.
- Che combini, punti la pistola su una ragazzina?! – disse trattenendogli il polso prima che potesse estrarre l’arma, attirando al tempo stesso l’attenzione di Joe e Francoise che erano intenti a parlare tra loro.
- Non è una ragazzina: è lei che mi ha quasi ucciso! –
La frase sconvolse i tre amici, ma Francoise volle fare istintivamente una verifica…
- Aspetta! – disse 003 – quella…quella non è una cyborg: è una persona normale! –
- Eh?! – esclamò stupito l’alter ego di 007.
Dopo due secondi gli occhi della ragazza si posarono su un uomo. - …Giratevi, presto! Il tipo che arriva alle nostre spalle…lui è un cyborg! –
Bretagna si voltò leggermente e, con la coda dell’occhio, vide il professor Morgan Moran, alias X2, redivivo!
– Maledizione! Questo è molto peggio di un incubo! –
- Allontaniamoci. – disse Joe – Noi non conosciamo lui, ma lui potrebbe benissimo aver sentito parlare di noi! –
Appena furono abbastanza distanti, Bretagna 009 raccontò nuovamente chi erano le due persone in questione e, per la prima volta, narrò gli eventi della sua “morte”.
– Hai ragione a esserne turbato – disse Francoise – ma, a quanto pare, qui le cose sono andate diversamente e quella ragazzina non fa assolutamente parte dei Black Ghost…-
- Però si è fermata a parlare con quell’uomo – osservò Albert – abbiamo fatto male a non ascoltare la conversazione! –
- Non significa niente: sarà il suo professore! – ribadì la ragazza.
- … che potrebbe aver convinto un’altra a diventare cyborg al suo posto o che, magari, ci sta  “lavorando su” con un certo ritardo rispetto all’altra dimensione! – ipotizzò Joe.
- Vado a parlare con lei! – disse Bretagna.
– Non fare idiozie stile 007!- Albert lo fermò per la seconda volta.
– Come sarebbe? La conosco! Sono certo che, anche se non ha ancora effettuato la trasformazione, ne sa parecchio di quello che architettano i Black Ghost! –
- Ma – obiettò Francoise – non puoi esserne certo! Magari qui è solo una ragazzina con una cotta per il suo professore! –
- Hai sentito? – incalzò 004 – Qui non puoi avvicinarla come se fosse un membro dell’organizzazione! Senza contare che uno della tua età che abborda una ragazzina in un campus non può non destare l’attenzione degli altri! – Bretagna si fermò, riconoscendo che era vero…Mentre stava pensando di assumere un aspetto più consono al suo scopo, magari da diciottenne,  Joe lo prese in contropiede.
– Me ne occupo io! –
- Tu? –
- Si, sarà meglio: sono più distaccato rispetto a te e potrò passare facilmente per un nuovo studente che cerca informazioni per ambientarsi. Dimmi tutto quello che dovrei sapere su questi individui e lasciami fare! -

Intanto Gilmore aveva lasciato i suoi colleghi e si era recato a colloquio con Bishop nello studio personale di quest’ultimo..
Fu molto prudente nell’ esprimersi e non abbassò mai il livello di attenzione nell’ ascoltare le risposte del suo collega, riuscendo sia a captare il lampo d’interesse che si era acceso negli occhi di Bishop nei confronti della sua visita, sia a leggere tra le righe che l’uomo sapeva molto più di ciò che voleva lasciare ad intendere e che non intendeva assolutamente “sbottonarsi” in merito.
- Mi dispiace non poterti aiutare, Isaac. L’unica cortesia che posso fare per te è invitarti al seminario che inaugureremo domattina, sulle nuove frontiere della fisica. Magari potrai avere informazioni interessanti per le tue ricerche come io per le mie: i lavori dureranno tre giorni e, se decidi di aderirvi come relatore, potrei inserirti domani dopo l’ultimo intervento e fare in modo che tu e i tuoi ricercatori siate ospitati qui nel campus.-
- Ti ringrazio, Walther. Penso che accetterò il tuo invito; più tardi ti farò sapere anche cosa vogliono fare i miei ragazzi, ma credo che un posto qui sia meglio dell’ albergo! –
I due si salutarono con una stretta di mano.
Dopo che Gilmore fu uscito, Bishop toccò un piccolo pulsante sulla sua scrivania. – Morgan? Puoi entrare, per favore? –
Il professor Moran fece il suo ingresso dopo un paio di minuti.
– Una visita interessante. – commentò – Molto interessante! –
- Già. Ma non farti venire in mente idee come approfittare di questa circostanza per eliminarlo. Cercava di indagare sulle realtà alternative ed ha qualcosa tra le mani, ne sono certo: le sue non erano semplici divagazioni scientifiche. Certamente sa qualcosa. Approfitta del suo soggiorno qui per scoprire che nasconde! –
- Stia tranquillo, per X3 sarà uno scherzo carpire le informazioni che le occorrono e che potrebbero tornare utili al Fantasma Nero! -
- A me non interessano direttamente gli affari di voialtri – commentò seccato - ma qui ci sono di mezzo le mie ricerche…cerca di saperne di più su Gilmore! –

Joe, in quell’arco di tempo, non ebbe problemi ad avvicinare X4 con una scusa: con il suo volto da ragazzino e un paio di libri sottobraccio dava perfettamente l’idea di uno studente a disagio in un posto nuovo. Chiese alcune informazioni con un tono tranquillo e gentile; dal canto suo, la ragazzina lo guardava con in faccia la scritta “perché con tutti quelli che ci sono qui vieni a domandare proprio a me?”. Rispose alle domande del suo interlocutore senza dimostrare troppo entusiasmo. L’apparizione in lontananza del professor Moran che conversava con una collega offrì a Joe il pretesto per toccare l’argomento che gli stava a cuore.
- Quello è il docente di chimica, vero? Dicono che sia un tipo molto severo e a tratti inquietante! – Quella piccolissima provocazione ebbe l’effetto sperato: un lampo di fastidio attraversò lo sguardo della “potenziale X4”, che prontamente rispose:
- Un insegnante deve essere severo, se vuole ottenere risultati. E solo un mediocre che vuole rimanere tale può trovarlo inquietante! –
- Però! – esclamò Joe – Sei una che sa il fatto suo! Anch’io so bene quanto bisogna faticare per ottenere buoni risultati…Quindi, ne deduco che sei una disposta a fare ogni cosa pur di non restare nella mediocrità! –
- E’ così. Restare ai livelli della massa non fa per me. – rispose con orgoglio.
- In parte condivido: poi bisogna capire quale modo si sceglie per, come dici tu, “staccarsi dalla massa”… Infondo, anche gli assassini si staccano dalla massa! Ma, dato che si parla di studio, va benissimo! – disse con un pizzico d’ironia. La ragazza ebbe come la sensazione di aver parlato troppo e tacque. Joe pensò che era il caso di chiudere lì quel primo approccio.
- Va bene, per oggi ti ho importunata anche troppo. Ti ringrazio per la tua disponibilità, anche se mi rendo conto solo ora che non ci siamo presentati: io sono Joe. -
- Erika. Mi chiamo Erika. –

Rientrati al Dolphin il professore raccontò per filo e per segno come si era svolto il dialogo. Le notizie portate da Gilmore circa le reticenze di Bishop non erano certo positive, ma lasciavano uno spiraglio di speranza: in quei tre giorni avrebbero potuto sapere qualcosa in più, anche se su quel posto dove sarebbero rimasti come ospiti si erano allungate le ombre dei Black Ghost.
Per la centesima volta in quel periodo le ricerche erano ripartite da zero e, questa volta, non solo con dei rischi, ma anche, per l’alter ego di 007, con l’ennesimo confronto con le persone che meno desiderava incontrare al mondo; questa cosa rese ancor più esile ai suoi occhi la speranza di tornare a casa e si sentiva incredibilmente stanco…Gli altri lo videro allontanarsi come sempre senza dire una parola. Quando fu uscito discussero del fatto che, inevitabilmente, avrebbero dovuto trattenersi in quel posto anche  per sistemare la faccenda dei cyborg “X”: capire chi fossero ed, eventualmente, intervenire prima i loro futuri nemici “venissero alla luce”, come nel caso di Erika.
Il dottor Gilmore era molto affaticato e anche Ivan avrebbe sicuramento dormito fino all’indomani; decisero dunque che avrebbero rinviato ogni decisione al giorno seguente con la mente più riposata.
– Bretagna – disse Francoise all’amico con un’espressione preoccupata – credo che dovresti dare un’occhiata al tuo alter ego: mi sembrava piuttosto strano…-
- Si, lo stavo pensando anch’io…- 007 uscì dal Dolphin e lo trovò poco distante, seduto su una pietra con la sua immancabile sigaretta tra le dita. Sentì i passi alle sue spalle e indovinò di chi si trattava senza neanche voltarsi; si lasciò sfuggire uno sfogo, come se fosse stato solo:
- Forse è molto meglio che la finisca qui: un bel colpo in fronte e l’equilibrio dei due mondi sarà salvo. Tanto, dall’altra parte, sono già morto. Non penso che riuscirò mai a tornare indietro e, se le cose sono andate come spero…Francoise si sarà già rifatta una vita, come è giusto che sia…- la sua espressione era passata da cinica a triste, con un che di dolce e vulnerabile…007 restò a fissarlo perplesso e dispiaciuto, restandosene in piedi. Possibile che lui, il “buffone”, fosse davvero più forte dell’ex spietato assassino? Sdrammatizzò come al solito.
 – Certo che una bella ventata di ottimismo è proprio quello che ci occorre, eh?- l’altro lo guardò di sbieco, sbuffando.
- Perché non capisci che voglio stare per conto mio?!-
- Perché pensi di volerlo ma non lo desideri realmente! – l’altro lo fissò meravigliato: non si era ancora abituato a “quel tipo” che lo conosceva meglio di quanto si conoscesse da solo!
- Senti – continuò 007 – non è che la morte sia proprio l’unica soluzione dei problemi…e poi se, come si intuisce, l’ami così tanto…dovresti cercare di tornare a tutti i costi da lei. Se è come la nostra Fran, dubito che sia stata così veloce a rifarsi una vita! Non che le auguri di fare la vedova in eterno, per carità, ma, magari, sei ancora in tempo…e poi, al di là dei sentimenti, la tua squadra ha bisogno di te…noi funzioniamo bene solo quando siamo al “completo”!- gli rincresceva dargli ragione, ma era proprio così!
- Sai, non sei idiota come pensavo! – commentò con il suo solito sorriso ironico. L’altro scosse il capo e lo guardò ridacchiando.
- Già che siamo in vena di complimenti, non sei così psicopatico come pensavo! –
- E va bene. Ritentiamo tutto da capo. Almeno questo “soggiorno” non sarà del tutto inutile, se vi darò una mano con la serie “X” dei Black Ghost. –
Adesso 007 si riconosceva in lui!

L’indomani Gilmore insieme a Joe, Albert e Francoise si trasferirono al campus, mentre l’altro Bretagna preferì non farlo, riuscendo a muoversi con molta più disinvoltura dall’ esterno: entrare e uscire dai posti di nascosto era per lui ancor più semplice di quanto non lo fosse per 007. Cercò piuttosto di rintracciare Erika, che quel giorno era uscita dalla struttura con delle compagne di classe, e di tenerla d’occhio per accelerare il lavoro di Joe, che sarebbe andato da lei dopo aver lasciato gli altri alla conferenza. Seven decise di seguirlo per capire esattamente con chi si sarebbero dovuti confrontare.
- Chi è la pericolosa futura cyborg? - domandò 007 sbirciando dal tavolino del pub.
- Quella bionda. - 
- Sono tutte bionde! –
- Quella accanto alla stupidella che dice di amare New York sicuramente senza esserci mai stata! – rispose l’alter ego aspirando nervosamente una boccata dalla sigaretta. 007 guardò alla destra della ragazzina che indossava la maglietta con la scritta “I love NY” e capì chi era la persona in questione, poi tirò un sorso dal suo bicchiere e guardò l’altro.
- E’ solo una ragazzina! –
- Per te che non la conosci bene! –
- Dico solo quello che vedo…-
- E tra un po’, magari,  mi chiederai di socializzarci amichevolmente, vero? – ribatté acidamente.
- Può darsi che qui non sia esattamente il mostro che hai conosciuto… – sospirò 007.
- Forse, ma se, come plausibile, conserva anche solo in parte alcuni aspetti della personalità che mi è nota, posso assicurarti che ha una personalità da… bè, in questo momento non mi va di utilizzare un linguaggio scurrile! -
007 lo guardò rassegnato . – Sei sempre così acido e impietoso? –
- Solo quando sono di cattivo umore! –
- Ah. Praticamente sempre! –
Bretagna 009 lo guardò snervato, poi cambiò discorso. – Non mi sembra una buona idea mostrarci insieme: qualcuno potrebbe insospettirsi. –
- Le coppie di gemelli sono sospette? –
- No, solo che non siamo gemelli, siamo la stessa persona! –
- Lo penserebbe solo il più psicopatico dei nerd! – stette un attimo in silenzio; poi, un po’ perché un certo dubbio gli girava nella mente, un po’ per ingannare il tempo mentre sorvegliavano la ragazzina, non resistette alla tentazione di fargli una domanda.
- Levami una curiosità: perché l’altro giorno dicevi che Francoise si sarebbe messa con un altro? E’ la seconda volta che manifesti questa convinzione…-
- Perché io stesso ho fatto in modo che questo avvenga. –
L’altro lo guardò incredulo e scandalizzato. – Come sarebbe a dire?!? Tu stai con Francoise e vuoi fare in modo che lei ti lasci per un altro??? –
- Non è esattamente così…ad ogni modo non è che io sia la persona più adatta a lei. –
- Santo cielo! Ragioni proprio come ragionava 009! –
- Bè, nella mia dimensione, 009 sono io! –
- Stai dicendo che questa forma di deficienza è legata al numero?! –
- E tu stai dicendo che qui tu sei  talmente tanto sicuro di te che, qualora dovessi stare con una donna come lei, te ne sentiresti perfettamente all’altezza?-
- Non è questo il punto: anche se non mi sentissi adeguato, mi guarderei bene dal metterlo in evidenza! Insomma, sarebbe perfino un poco irrispettoso; sarebbe come dirle: “ se hai scelto me non capisci proprio niente”! E poi, a parte che chiunque intrecciasse una relazione con me saprebbe benissimo quello che sta facendo altrimenti non inizierebbe neppure,  le donne sono capaci di trovare negli uomini delle qualità che noi non sospettiamo neanche di avere! –  
“Qualità? Lei è la mia sola qualità!” pensò l’altro, restando tuttavia un poco colpito dall’opinione di Seven. Avvertì comunque il bisogno di giustificare le sue azioni. – Senti, non è per un complesso di inadeguatezza che le ho insinuato nella mente l’idea di un altro uomo…Se tu sapessi che potresti essere ucciso da un momento all’altro, che lei potrebbe rimanere sola, come di fatto è successo nel mio caso, tu non vorresti piuttosto crearle un’altra idea di felicità? –
007 non “si era” mai sentito dire cose simili… quelle parole gli fecero vedere il suo alter ego sotto una luce diversa e, per un attimo, si sentì molto più egoista di lui…- Non lo so…non ci ho mai pensato. –
- Dici così perché non hai una relazione con qualcuno! –
- Sei carino, a sottolinearlo! –
- Come mai? Voglio dire, a parte l’ovvio…-
“A parte l’ovvio?!” – Umpf…. non c’è una vera ragione…Chissà…forse non ho incontrato la persona giusta o era il momento a essere sbagliato, oppure ero sbagliato io…probabilmente ho peccato di superficialità o di egoismo con qualcuno e l’oggetto del mio amore mi è sfuggito tra le dita o magari non mi sono mai innamorato sul serio…-
- Si, tutte ragioni valide. –
- Comunque qui sei tu quello che ha un problema con “se stesso”, dal momento che non fai altro che tormentarti per il tuo passato e per il tuo futuro! Dovresti semplicemente accettare le cose che ti capitano nel bene e nel male, rassegnarti all’idea che non esiste la situazione  perfetta e fare pace con quello che hai attorno! –
- Prima  pensavo anch’io che fosse possibile vivere solo nell’attimo presente…-
- …e poi “si matura”, vero? Comunque ecco Joe che ritorna in azione! –
Il ragazzo si avvicinò a Erika salutandola come se la conoscesse già da tempo e la invitò a prendere qualcosa al bancone, incurante delle gomitate e delle occhiate piene di curiosità e di invidia del gruppetto di ragazzine, che già lanciavano frecciatine su di loro.
– Incredibile! Se li carica sempre più grandi di lei! –
- Si, ma almeno questo non è vecchio come il professor Moran! – le altre ridacchiarono ed Erika, non vista da Joe, si voltò alzando il dito medio verso di loro. Seven, che aveva seguito la scena, non potè fare a meno di mettersi a ridere.
– Però! Che bel tipetto! – Il suo alter ego, che aveva una visione ben diversa della ragazza, gli lanciò un’occhiataccia; poi si alzò dal tavolo.
– Qui abbiamo finito: ora tocca a Joe. –
Il ragazzo si trattenne con lei parlando per un po’ degli studi e chiedendo delle lezioni; quando fu entrato un po’ più in confidenza, nonostante l’atteggiamento apparentemente distaccato di lei, iniziò a fare delle battutine sul comportamento delle sue amiche, che, a suo dire, lo fissavano come se fosse un alieno.
- Non ti fissano come un alieno, ma come un gran figo dal comportamento strambo: perché, tra tutte, vieni a parlare proprio con me? –
Joe restò un attimo interdetto da quella frase e incerto se scoprire le carte oppure no…optò per una mezza verità che gli consentisse di far intuire qualcosa alla ragazza senza svelarsi del tutto.
– Bè, intanto non capisco perché una persona che ti si avvicina debba essere stramba… Comunque Ho visto in te qualcosa che mi ricorda me stesso quando avevo la tua età: nemmeno io brillavo per loquacità in mezzo al gruppo e gli altri non facevano altro che cogliere l’occasione per importunarmi. –
- Non dai l’idea di un tipo che si fa importunare. –
- Infatti, quando ho cominciato a prenderli a pugni, hanno quasi smesso! Tuttavia, ripensandoci, non ne vado fiero…-
- Io non lo faccio solo per non farmi cacciare, ma se lo facessi, ne andrei fiera! –
- E’ che, a distanza di tempo, vedi le cose con occhi diversi…-
- Parli come se avessi quarant’anni! –
Joe sorrise. – Non ho quarant’anni, ma ho fatto parecchie esperienze, anche considerando il fatto che non ho una famiglia. –
- Nemmeno io. Non è che lo sapevi e dici questo per prendermi in giro? –
- E a quale scopo? E poi non vorrei certo mettermi contro il professor Moran: dicono che ti sta facendo quasi da tutore. – la ragazza impallidì.
– Hai sentito le voci di corridoio, vero? Bè, non intendo parlare con te un minuto di più, se devi giudicarmi come fanno gli altri! – fece per alzarsi, ma Joe la trattenne per un polso. Quel contatto le trasmise un brivido strano, una sensazione alla quale non sapeva dare un nome, come un mix tra paura e dolcezza, una voglia di restare accanto a quello sconosciuto e di fuggirne al tempo stesso.
– Aspetta. – disse Joe con tono calmo – io non ti ho affatto giudicata e non ascolto le voci di corridoio…Ho detto che per te è un tutore, ma da come ti stai comportando sembra quasi che vi leghi dell’ altro…Ad ogni modo so che questi non sono affari che mi riguardano…tranne che vorrei darti un consiglio. –
- Sarebbe? –
- Fai in modo che chi ami ti ricambi in modo disinteressato…che non si aspetti nulla da te, che non faccia niente che possa nuocerti, che non ti costringa in alcun modo a ciò che non desideri realmente. –
Erika lo fissò perplessa: pareva quasi che quello sconosciuto sapesse qualcosa…eppure non era possibile. Non era assolutamente possibile che fosse a conoscenza delle richieste del professor Moran, di quella proposta di affrontare un intervento che non solo l’avrebbe resa superiore a chiunque altro, ma, cosa che a lei interessava più di ogni altra, che li avrebbe legati per sempre in modo indissolubile… Solo che era tutto così strano: quella specie di “setta” di cui faceva parte il professore, le loro attività… e poi lei aveva paura. L’idea di diventare un cyborg era qualcosa di puramente fantascientifico, non le pareva vero. Forse non le importava davvero cosa sarebbe accaduto. Si era presa del tempo per riflettere, ma era come se avesse già acconsentito alla richiesta; si era già sottoposta a delle visite preliminari, nelle quali l’avevano ritenuta idonea. Ma aveva tanta, maledetta paura. Fino ad allora aveva cercato di non pensarci, di agire e basta… Il “suo” Morgan riusciva a inebriarla a un punto tale che avrebbe fatto qualunque cosa per lui, anche trasformare se stessa e cambiare quella vita che, se pur piatta e squallida, non le faceva poi tanto schifo. Eppure qualcosa non la convinceva: c’erano dei momenti in cui le sembrava di essere una farfalla nella tela del ragno…una farfalla innamorata del ragno! E ora quel ragazzo biondo la stava quasi costringendo a meditare la sua scelta! Scosse inconsciamente il capo, per cacciare quei dubbi; si disse che, molto semplicemente, Joe ragionasse come certi ben pensanti e si riferisse puramente a un interesse sessuale del docente nei suoi riguardi; che, da buon puritano, la stesse mettendo in guardia da altre insidie, nonostante qualcosa in lui le dicesse l’esatto contrario. Si propose di indagare: Morgan le diceva sempre di non fidarsi di nessuno e lei non l’avrebbe deluso. Si congedò frettolosamente da Joe, che, facendo finta di non aver colto il suo turbamento, la salutò con un “ Ci vediamo domani!”. Il ragazzo la stava guardando allontanarsi mentre la voce di Ivan nella sua testa commentò: - Bersaglio colpito! –
- Credo di si, 001 – rispose telepaticamente – ora devo aspettarmi che faccia indagini su di me! -

Consapevole del fatto che Erika gli avrebbe tenuto gli occhi addosso, 009 cercò di evitare sia il dottor Gilmore che i suoi compagni, seguendoli ugualmente alle conferenze stando in mezzo al pubblico.
Gilmore conosceva parecchie persone; tra queste vi era un professore poco più giovane di lui dai tratti orientali e dall’aspetto distinto e cordiale al quale era stato legato da lunga amicizia: il dottor Hisao Matsui che, guarda caso, aveva seguito molto da vicino le ricerche di Bishop.
Albert teneva d’occhio Bishop: 007 sarebbe penetrato nel suo studio approfittando del seminario con la speranza di ricavare qualche informazione utile e non potevano permettersi di essere scoperti. Appena 004 scorse l’uomo alzarsi dalla sedia e sparire in uno degli anfratti della hall lo seguì immediatamente; si rese conto che non era andato molto lontano: era seminascosto da una tenda intento a scambiare parole con una donna dall’età indefinita, dal corpo sottile e allungato, con il volto pallido pesantemente truccato incorniciato da sottili e caotici ciuffi di capelli simili a serpenti neri. Albert stava fingendo con nonchalance di cambiare direzione, quando la donna interruppe il dialogo con il professore per voltarsi verso di lui e sorridergli, mostrando la dentatura perfetta. Leggermente spiazzato e incuriosito da quell’atteggiamento, esitò un istante a muoversi e lei, salutato il professore che si orientò nuovamente verso la sala conferenze, si diresse a passo sicuro verso Heinrich.
- Lavora con il dottor Gilmore, vero? – domandò senza preamboli, continuando a sorridere vagamente maliziosa. Quell’atteggiamento sfrontato infastidì 004.
- Perché me lo chiede? Non ci siamo nemmeno presentati. –
- Oh, che imperdonabile gaffe! Rimedieremo subito: sono Corinne Martin. E’ un vero piacere conoscerla, signor…? -
- Heinrich. – disse semplicemente, porgendole la mano – Non mi è parso di vederla ai lavori...-
- Non li seguo. Sono qui in veste di amica di alcuni professoroni e, mentre attendo che questa lagna finisca, cerco di incontrare persone interessanti…lei mi sembra una di queste! – aggiunse con una occhiata decisamente lasciva.
- Può essere. Mi scusi, ma io rientro alla conferenza…- tagliò corto 004, incurante di apparire sgarbato: quella tizia gli sembrava vagamente svitata e lui non aveva decisamente tempo da perdere né voglia di perdersi in chiacchiere. La donna non accusò il colpo, ma si limitò a sorridere; Albert incrociò per un istante il suo sguardo: aveva gli occhi strani, celesti e poco meno trasparenti dei suoi...
- Allora… mi auguro di rincontrarla stasera. – disse lei, mentre, guardando verso l’ingresso, notò Francoise che entrava in quel momento; Albert non ne comprese la ragione, ma gli parve che di colpo avesse fretta di andarsene. Mentre 003 gli si avvicinava, la tipa misteriosa era già scomparsa.
- Albert, il professore è uscito da un po’. Tu l’hai visto? –
- E’ là, in giardino con quel collega – rispose indicandole i due uomini oltre la vetrata.
Francoise tornò dentro e prese posto in uno dei sedili laterali. Bretagna 009 andò a sedersi accanto a lei.
- Novità? – le chiese.
- Nessuna, per ora. Il professore si è allontanato con un vecchio amico e Joe tiene d’occhio un paio di elementi che avevano a che fare con le ricerche del dottor Bishop. E tu? –
- Io mi sto rompendo le scatole a morte, non sto capendo un accidente di questo dibattito e non comprendo perché avete inviato 007 al posto mio nel “covo” del professore! –
A Francoise sfuggì una risatina – Anche Bretagna si annoia sempre a queste conferenze! Comunque era più importante che tu restassi qui a verificare la presenza di altri potenziali membri dei Black Ghost che non conosciamo! –
- Di quelli che conosco io neanche l’ombra, a parte X2. – sprofondò completamente nella sedia – Trovo che mettere a disposizione del pubblico delle poltrone così comode per poi costringerlo a rimanere sveglio sia un atto pura crudeltà! –
Finalmente fu annunciata una pausa. Francoise mise in ordine alcuni fogli sui quali aveva preso degli appunti.
– Ma l’hai seguita davvero, la conferenza?! – esclamò meravigliato l’alter ego.
- Certamente! Mi interessava! –
A quanto sembrava, anche Joe era parecchio interessato perché era andato a fare alcune domande a uno dei relatori.
“Da questo punto di vista, lui e Francoise sono proprio simili!”  si disse Bretagna 009.
– Esco a fumare. Tu rimani qui? –
- No, ti faccio compagnia. Senza sigaretta, però! -
Mentre erano all’esterno, si avvicinò Gilmore e presentò loro il dottor Matsui. Nuovamente Bretagna ebbe un inquietante flash back.
“Lui è il prossimo. Uccidilo, ma… fallo soffrire!”
Strinse la mano all’anziano professore, facendo appello tutto l’autocontrollo di cui poteva disporre; solo Francoise si rese conto del brivido che parve attraversargli il corpo per un istante.
Riuscì a mantenersi apparentemente distaccato, ma dentro di lui era come scattata una molla che lo aveva riportato indietro, facendolo sentire risucchiato dalle tenebre…
- Scusate, devo andare. – disse per congedarsi dai due scienziati.
- Qualcosa non va? – domandò Francoise preoccupata, prendendolo in disparte. Lui si guardò bene dal rivelarle la verità.
- Ho bisogno di parlare un momento con 007…- disse allontanandosi.
Rintracciare l’altro se stesso non fu particolarmente complicato: aveva concluso il suo lavoro e si era avviato verso il Dolphin. 007 si meravigliò del fatto che volesse parlargli; era molto più agitato del solito e quello di cui intendeva discutere non aveva esattamente a che fare con il flash che aveva avuto in precedenza.
- Ho…abbiamo un problema…-
- Uno solo? Incredibile: pensavo almeno un centinaio! – rispose 007 senza dare troppo peso all’allarmismo dell’altro se stesso.
- Ascoltami, maledizione!!! – gli urlò l’alter ego, mettendosi di fronte a lui - Mi sta accadendo qualcosa…qualcosa…-
- “Qualcosa” non mi pare una spiegazione molto chiara per qualcuno al quale le uniche cose che non mancano mai sono proprio le parole! –
- E’ come se ci fosse qualcosa che non riesco più a controllare…causata dalla mia presenza in questa dimensione…sento che una parte di me vuole prevaricare sull’altra…-
- Se è il tuo lato femminile inizio a preoccuparmi! –
- Guardami, dannazione! – lo costrinse a guardarlo; Seven lo fissò negli occhi e capì ciò che intendeva il suo alter ego: fu come vedere la propria immagine allo specchio, ma animata di vita propria e “ribaltata” rispetto alla natura di chi si sta specchiando. C’era qualcosa, in quell’immagine, che conteneva un’essenza di pura crudeltà. 007 ebbe un brivido di terrore.
- Finiscila. – disse, cercando di non perdere il controllo - Non è certo facendo impazzire me che risolverai la situazione! –
- Tu quanto tempo sei stato nella mia dimensione? –
- Solo un giorno e mezzo, mi pare…-
- E hai risentito dell’incontro con me per tutto il tempo successivo! Io da quanto sono qui? Ho perso il conto dei giorni! Lo capisci? Io qui non posso essere te, ma neanche…me! Posso diventare solo la tua immagine speculare, opposta a te!-
- Calmati! Ricorda che, nonostante i paradossi e le leggi della fisica, hai un cuore e un cervello: geneticamente modificati, ma ce li hai! – senza rendersene conto, 007 accentuò la parte positiva di se stesso, come se fosse condizionato inconsciamente dalla negatività dell’altro.- Deve pur esserci qualcosa a cui aggrapparti per tenerti a galla in questo momento! –
Bretagna 009 ricordò l’unica cosa che potesse in quel momento bloccare la “trasformazione” che il passaggio nell’ altra dimensione stava operando lentamente in lui: - La promessa…-
- Di che promessa parli? -
- …le ho promesso…ho promesso a Francoise di non tornare indietro, di non tornare più ciò che ero quando stavo con i Black Ghost…- solo ricordare questo ad alta voce e pronunciare il nome di lei ebbe l’effetto di calmarlo.
- Sono contento che tu riesca a controllarti solo perché lo hai promesso; l’ideale sarebbe riuscire a farlo anche senza l’aiuto di qualcuno, ma, dopotutto, meglio di niente! – 007 non poté fare a meno di chiedersi cosa sarebbe accaduto se Francoise non ci fosse mai stata.
- Lo so. – rispose l’altro, recuperando con fatica un tono di voce normale - Ma rispettare la promessa è l’unica cosa che adesso può impedirmi di diventare un mostro o di impazzire! –
- Va bene… Sai che c’è? Forse è giunto il momento giusto per fumarti due o tre pacchetti di sigarette! -
Bretagna 009 scosse il capo con un sorrisetto: “se stesso” lo prendeva in giro per quel vizio che non aveva nell’altra dimensione. Tuttavia, non resistette alla tentazione di accendersene una…era decisamente il momento adatto!
- Quelli che hanno scritto del doppio…- disse - …gli artisti che ne hanno parlato…chissà se hanno avuto un sentore di altre dimensioni…-
- Molto più probabilmente avevano mangiato peperoni fritti prima di andare a letto! Vorrei averlo fatto io! –
- Sei proprio un deficiente! –
- Facciamo una cosa: tu cerchi di startene buono a fare un po’ di esercizi spirituali e io torno al campus! –
- No, non mollo ora! Vengo con te, ma darò un’occhiata all’esterno. Rientra tu dagli altri, va bene? -
007 annuì e raggiunse Albert, che se ne stava poco distante da Gilmore e dal suo collega.

Matsui sapeva molto, anche troppo: nei loro discorsi aveva lasciato trapelare una certa ansia, come il desiderio di confidarsi. Gilmore lo capì da subito e 001, che se ne stava sul Dolphin tra le braccia di Geronimo, gli comunicò che, molto probabilmente, quell’anziano collega intendeva collaborare; se così non fosse stato, Ivan aveva comunque bisogno di vederlo di persona per sondare la sua mente. In quel luogo la cosa difficile sarebbe stata scoprire le carte e trovare il momento adatto per discutere.
Il professor Matsui si guardava intorno come se avesse paura di farsi vedere da qualcuno mentre conferiva con Gilmore, il quale, a fine lavori, lo presentò ad Albert e a Bretagna 007; quest’ultimo ebbe come l’impressione di averlo già visto da qualche parte, ma aveva anche una sensazione spiacevole....
- Hisao, ti presento mr. Heinrich e mr. Bretagna. –
- Isaac, sei proprio smemorato! Non ricordi che io e il signor Bretagna ci siamo già conosciuti qualche ora fa! – Bretagna guardò l’uomo e, improvvisamente, ricordò dove lo aveva “conosciuto”.
- Oh, shit! – esclamò di colpo. Gilmore gli lanciò uno sguardo di disappunto.
- Scusi, professore… improvvisamente mi sono ricordato di una cosa molto importante. Posso dirle due parole in privato? – Gilmore si augurò che fosse davvero importante: anche l’altro G.B. aveva reagito in modo strano dopo la presentazione...
- Quell’uomo…il professor Matsui…-
- Bè? Cosa cerchi di dirmi? –
- L’ho già visto…in uno dei “suoi” incubi! –
- Non ti sto capendo! –
- Ricorda che per un bel pezzo rivedevo in sogno tutti i delitti del mio alter ego?-
- Quindi? –
- Quindi, nell’ altra dimensione, il me stesso alternativo ha assassinato il professore! –
- Che dici?! Ne sei sicuro? – Gilmore era sconvolto e adesso molte cose gli apparvero chiare.
- Più che sicuro: è stato uno dei sogni più raccapriccianti di tutta la mia vita! “Lui”, per rispettare gli ordini ricevuti, lo ha prima immobilizzato e poi gli ha praticamente torto le membra una alla volta, riservando la testa per ultima…-
Gilmore fu attraversato da un brivido. - Il tuo alter ego non mi ha detto nulla…-
- Mi pare ovvio: deve essersene vergognato a tal punto da tacere, senza contare che era completamente fuori di testa perché questo flash deve aver accelerato un “fenomeno” legato alla sua presenza in questo mondo o alla sua vicinanza con me, non saprei…-
- Più tardi cercherai di spiegarmi quest’ultima cosa. Adesso sappiamo che, se nell’altra dimensione è stato ucciso, Hisao aveva un ruolo importante! Anche se non ho la conferma che questo valga anche da noi, qualcosa mi dice che finalmente abbiamo un valido aiuto. –
- …oppure sappiamo che in giapponese il significato del nome non incide minimamente sul destino!
Quando Gilmore tornò da Matsui gli manifestò immediatamente l’esigenza di discutere in privato; non potevano certamente farlo nella stanza che Bishop gli aveva messo a disposizione nell’edificio, né era il caso di farlo in un locale pubblico e raggiungere il Dolphin significava dover percorrere un bel po’ di strada durante la quale non potevano esser certi di stare al sicuro; pensò quindi di rientrare al residence dove aveva già pernottato, facendosi scortare di nascosto da Jet, che si sarebbe fatto trovare all’esterno con un’auto; avrebbero approfittato della confusione creata dalla gente presente alla conferenza mentre Joe teneva d’occhio Moran e Albert intratteneva Bishop. Gilmore aveva chiesto agli altri ragazzi di non lasciare il campus, per dare l’impressione che anche lui fosse rimasto lì. Geronimo e Jet sarebbero stati più che sufficienti come guardie del corpo e, se la situazione si fosse messa male, Joe non ci avrebbe messo molto a raggiungerli nel posto dove stavano.

- Per quale motivo stai spiando il professore? Che cosa nascondi? – la voce di Erika non sorprese più di tanto Joe: si era già accorto che, mentre lui osservava Moran, lei controllava lui; era per questo che, quando lo pseudo docente di chimica si era incamminato in direzione del vialetto che conduceva ai suoi appartamenti, 009 se ne era allontanato sapendo di dover affrontare, in un modo o nell’altro, la ragazzina. Ed  ora eccola di fronte a lui, con l’espressione arrabbiata e diffidente.
“Non ragiona ancora da Black Ghost” si disse “ se lo avesse fatto, avrebbe continuato a seguirmi di nascosto per ottenere quante più informazioni possibile e poi avrebbe immediatamente riferito di me a X2!”. Questa cosa, in un certo senso, lo tranquillizzò. Alzò le mani in segno di resa.
– E va bene – disse – giocherò a carte scoperte se tu farai altrettanto…So che il tuo professore è un cyborg dei Black Ghost e che tu dovresti a tua volta diventarlo…- dell’ultima affermazione, in realtà, non poteva essere certo, ma preferì comunque buttarsi in avanti.
- Che diavolo ne sai? –
Joe sorrise – Quindi mi confermi ciò che già conosco! –
- Come fai a sapere queste cose? –
- Non mi dilungherò molto nella spiegazione! – rispose, azionando l’acceleratore; scomparve davanti allo sguardo attonito di Erika per ri-materializzarsi un istante dopo alla sue spalle.
– Tu…tu sei…-
- …un cyborg. - completò la frase al suo posto.
Erika era completamente destabilizzata. Il primo pensiero che le venne in mente fu che quello sconosciuto intendesse far del male a lei o al professore. Si voltò di scatto per fuggire, ma Joe le sbarrò la strada.
– Aspetta! Non intendo farti del male. Voglio solo parlare con te. –
Lei, ovviamente, non si fidava, ma non aveva scelta: sfuggirgli sarebbe stato impossibile; parlando avrebbe preso del tempo ed escogitato un modo per avvisare Moran.
– Perdonami…- disse 009 sfilandole fulmineo il cellulare dalla tasca: era come se le avesse letto nel pensiero! Erika gli scagliò uno sguardo carico d’odio.
– Ho detto che voglio solo parlarti. Poi sarai libera di andartene e fare quello che ti pare, incluso avvertire il tuo professore della mia presenza qui, di cui, per altro, sono certo che è già informato! - - Come sarebbe? –
- Sarebbe che, se ancora non ha provato a uccidere me e i miei amici, deve esserci una valida ragione: noi cerchiamo delle informazioni e anche i Black Ghost: i più bravi le ottengono prima! –
- Che vuoi da me? –
- Evitare che diventi un mostro, come sono quasi riusciti a far diventare me…e sapere qualcosa in più dei cyborg serie X.- 
Alla ragazza sfuggì una risatina isterica. – Quello che faccio della mia vita è affar mio: non ho nessuno a cui dare conto! –
- Ma dovrai dare conto a molti più individui di quel che non immagini, se ti metterai al loro servizio! Pensi di fare una scelta di libertà, ma è l’esatto opposto! – quest’ultima frase si insinuò in maniera subdola dentro quelli che erano i dubbi e le paure di Erika, il cui orgoglio e la cui diffidenza le imposero di non darlo a vedere.
– Quindi, con la scusa di salvarmi, vuoi farmi tradire l’uomo che amo! –
Questa volta fu 009 a meravigliarsi: lei aveva scoperto i suoi sentimenti e li aveva esposti con fierezza a difesa di quel castello di carta che erano le cose in cui diceva di credere; Joe non parlava molto dei sentimenti ma, in tutto quel tempo, qualcosa da Francoise l’aveva imparata…era evidente che l’unica cosa in cui Erika credeva davvero era il suo amore verso il professore.
Il ragazzo sospirò. – Ti chiedo solo di essere certa che il tuo sentimento sia ricambiato…perché una persona che ti ama davvero non metterebbe mai a repentaglio la tua vita in un intervento così pericoloso…E…si, sono affari tuoi. Se diventerai una di loro ti combatterò senza alcun problema, senza riserbo per  il fatto che sei solo una ragazzina. Ci sono tanti altri nemici nell’organizzazione: uno in più non mi cambierà certo la vita! –
Erika adesso lo fissava in silenzio. Si aspettava di essere minacciata, costretta, ma Joe…le parlava come avrebbe fatto  un amico.
– Perché ti sei ribellato a loro? – domandò.
– Sono mercanti di morte: è già una spiegazione sufficiente. Non solo: mi hanno usato come una cavia, trasformandomi in ciò che sono contro la mia volontà. E, anche se adesso hanno compreso che gli individui da trasformare devono essere consenzienti, questo non cambia la sostanza dei fatti: la propria umanità e la propria libertà sono cose alle quali non si può rinunciare. Se diventerai una di loro ti useranno e ti butteranno via quando non servirai più: ho visto tantissimi avversari eliminati dalla stessa organizzazione per un fallimento o per aver preso una libera iniziativa. Tu non farai la differenza, anche se legata al professor Moran…-
- Lui…è un membro potente dell’organizzazione. Non permetterà a nessuno di farmi del male! –
- Anche se è potente, avrà altre persone sopra di lui…e nemici interni, pronti a fargli le scarpe per avere più gloria e potere. E’ così che funziona. Se questo ti piace, vai pure. Ma la tua vita non ti apparterrà più. –
Lo sguardo di Joe era cupo e diretto e, in quella sera di inizio autunno, sotto le luci basse dei lampioni che illuminavano i vialetti del campus, le fece una sensazione strana. Provò un insieme di dolore e paura, misto a una malinconia indicibile…tirò su un groppo che aveva in gola.
Joe distolse lo sguardo dagli occhi della ragazza. – Scusa. – disse mestamente, rendendosi conto all’improvviso di averla profondamente scossa – Non volevo essere così duro, ma ti ho detto la pura verità. Sei destinata a diventare X4, è così? –
- S…si. – rispose lei, riprendendo il contatto con se stessa mentre comprendeva quanto fosse assurdo il suo modo naturale di annuire alla domanda di Joe.
– Ti prego, se puoi, dimmi solamente se esistono già altri cyborg della serie X, oltre ai tre che ti precedono…-
- N…no. Io sarò…sarei…il quarto.-
Quel modo di esprimersi della ragazza aprì uno spiraglio di speranza in Joe, che le appoggiò le mani sulle spalle - Se non sei convinta di ciò che stai facendo, io e i miei amici potremmo aiutarti…-
- No, non tradirò il professore! Parlerò con lui e gli dirò semplicemente che ci ho ripensato. Sono certa che mi capirà…-
009 la guardò con una nota di disappunto. Non volle disilluderla per non ferirla ulteriormente, ma voleva essere certo che non le accadesse nulla – Spero che sia come dici tu…Ti chiedo solo questo: fai in modo che io sia vicino a te quando gli parlerai: per ovvie ragioni, non mi fido molto di un Black Ghost. –
La ragazza acconsentì: si sentiva in colpa verso Moran, ma non poteva fare a meno di essere impaurita per ciò che stava per affrontare. Anche se lo negava a se stessa, quel ragazzo che conosceva da così poco tempo le trasmetteva un senso di fiducia e sicurezza.
Joe fece un tratto di strada con lei e la  lasciò davanti al piccolo edificio dov’era la sua stanza; la salutò, comunicandole davvero lo stesso calore di un vecchio amico e si allontanò nella penombra del viale. Non poteva sapere che dietro la porta qualcuno aspettava la ragazza da un pezzo e li aveva notati insieme…
Erika entrò pensierosa nella sua camera e si chiuse la porta dietro. La sagoma alta e scura che intravide con la coda dell’occhio alle sue spalle la fece sobbalzare dallo spavento.
- Ti ho messo paura? Non era mia intenzione, anche se da te mi aspettavo reazioni meno emotive, considerando ciò che ti attende nei prossimi giorni…-
- Morgan, veramente…volevo parlarti proprio di questo. Sai, non mi sento tanto sicura di quell’intervento…-
- Ma, anche se non lo sei, lo farai ugualmente, giusto? – la voce tradiva un certo fastidio.
- Come posso farlo se non me la sento? – dire quella frase le costò uno sforzo enorme. Dentro di se covava una miscela di paura e speranza.
Il professor Moran l’accarezzò sensuale, incantandola come farebbe un serpente con la preda.
- Sei carina, lo sai? – sussurrò trasmettendole un brivido lungo la colonna vertebrale – peccato che tu non voglia stare con me…-
- No, Morgan, io…-
- Chiamami professore e dammi del lei! –
- S..si, professore. Io…voglio stare con lei! Solo che…non voglio diventare ciò che lei mi ha chiesto! –
- E’ la stessa cosa: disobbedirmi significa non voler stare con me!-
- Ma…io ti amo! –
- Non mi sembra: chi ama obbedisce agli ordini ed è devoto! –
- N…no! Ha ragione Joe: se tu…se lei mi amasse, non mi chiederebbe mai una cosa del genere! –
- Joe? Bene. Ora è tutto molto chiaro: mi hai già tradito, e questo non ti è consentito! – dalle dita affusolate con cui la stava accarezzando spuntò un aculeo sottile quanto un ago, che andò a trafiggere la carotide della ragazzina. L’ultima cosa che fece prima di accasciarsi morta tra le sue braccia fu sussurrare “…perché?...”.

Albert si era da poco congedato da Bishop, il quale, stimolato dalle domande mirate dell’uomo, si era lasciato andare a una lunga descrizione delle sue teorie in materia di fisica quantistica; 004 disse che avrebbe raggiunto Gilmore nelle stanze messe a disposizione per loro e si avviò alla piccola casa immersa come le altre nel verde di quell’enorme giardino. Appena varcò la soglia  dell’atrio centrale, il suo olfatto percepì un odore dolce e pungente che gli ricordava qualcosa…si voltò di scatto e vide la strana donna che aveva incontrato nel pomeriggio. Avvertì una sensazione spiacevole e si mise sulle difensive, anche se quella persona era palesemente disarmata: il suo sottile e attillato abito rosso scuro che metteva in evidenza le piccole forme di quel corpo allungato e la mancanza totale di segni sulle braccia nude che facessero presagire armi “nascoste” sottopelle non lasciavano alcun dubbio in merito.
Corinne gli si avvicinò.
– Buonasera, mr. Heinrich! Sentivo che ci saremmo rivisti! –
Albert storse le labbra. – E, naturalmente, questo è un puro caso, vero? –
- Oh, io non credo molto al caso! –
- A questo punto farà meglio a dirmi per quale ragione mi sta seguendo e cosa vuole da me! –
- Non sarà un problema. – la donna si fece vicinissima a lui, sorridendo mentre lo guardava intensamente negli occhi – intanto ho scelto lei perché mi piace particolarmente…E, dal momento che mi occorre sapere tutto quello che Gilmore sa dei passaggi extra dimensionali, ho pensato che far parlare una persona piacevole sarebbe stato meglio…-
Normalmente 004 avrebbe già spianato le armi mettendo la sua interlocutrice sotto tiro, ma sentiva che quegli occhi trasparenti che lo fissavano gli avevano dapprima tolto ogni volontà di muoversi, facendo sì che anche le pericolose parole pronunciate dalla donna gli arrivassero come ovattate, come in un sogno e, in un secondo tempo, stavano come “scavando” dentro la sua testa…In meno di un minuto, quasi senza accorgersene, Albert era completamente in balia di Corinne e la sua volontà totalmente annullata. Lei gli avrebbe fatto rivelare in quell’istante tutte le informazioni in suo possesso, ma dové aspettare ancora un pò perché, in quel momento, si fece sulla porta Francoise, che trasalì vedendo l’amico a distanza ravvicinata con una cyborg.
- Lo sapevo che vedendomi mi avresti scoperta! – disse Corinne, piuttosto infastidita, voltandosi di nuovo verso Albert per imporgli un comando mentale. Prima che 003 potesse estrarre l’arma, fu neutralizzata dal paralyser di 004. 

 

Cap. 3

 

007 volò a terra in forma di corvo, andando a posarsi accanto a Joe.
- Hai notizie di Francoise? Non risponde alla mia chiamata da almeno venti minuti. – disse il ragazzo.
- Anche Albert sembra scomparso: erano insieme alla conferenza, poi non li ho più visti!- disse Bretagna sconsolato. In quel momento giunse anche il suo alter ego, correndo a piedi da uno dei vialetti.
– Allora, avete novità? – domandò subito, essendo stato informato della cosa. Gli altri due scossero il capo.
– Non è possibile che siano spariti nel nulla! – disse Bretagna 009 – Sarò anche rimbambito, ma sono certo di aver presidiato gli ingressi e i viali più che bene! Non possono aver lasciato il campus.-
“Riesco ad avvertire Francoise: non so dove, ma sento che è ancora tra questi edifici…” Ivan, fortunatamente, era ancora cosciente e si rivolgeva telepaticamente ai suoi amici.
- E Albert? – chiese Joe.
“Non lo sento. Spero sia solo privo di conoscenza, o che non sia li…”
- Vado a cercarli da Moran! – Joe sospettò subito del professore e si precipitò dove pensava di trovarlo.
– Speriamo che non faccia sciocchezze! – disse 007, guardandolo sparire come faceva di solito.
- Io darei un’occhiata in camera di Erika, non si sa mai! – azzardò l’altro, sempre diffidente verso la ragazzina.
Arrivati lì, 007 e il suo alter ego ritrovarono il corpo riverso a terra, con gli occhi sbarrati e una lacrima amara che si era asciugata sul viso bianco. 007 si voltò dall’altra parte, addolorato, mentre l’altro se stesso, dopo essersi chinato a constatarne il decesso e la sua causa, commentò:
- Mi sembra assurdo…per quanto quell’individuo fosse odioso e privo di scrupoli, nel “mio mondo”, prima di morire, ha cercato di mettere in salvo la sua compagna…era capace, a modo suo, di amare qualcuno, mentre qui…non ha esitato a ucciderla per il suo rifiuto!-
- L’amore è un sentimento che ognuno vive a modo suo, ed è quasi sempre esercitato un modo sbagliato o egoista….pochi conoscono quello vero. E’ per questo che quando guardo Joe e Francoise non posso fare a meno…nessuno di noi può fare a meno di aiutarli e proteggerli! – disse l’altro, guardando per un istante il suo accompagnatore.
- Io…so che senza di lei mi manca l’ossigeno, ma non esiterei un minuto a lasciarla andare, se lo desiderasse…-
- Allora va benissimo… – disse Bretagna 007.
Bretagna 009 chiuse gli occhi alla ragazza, cercando di adagiarla sul pavimento in modo che il suo corpo apparisse composto. Quell’ atto di pietà tranquillizzò non poco il suo alter ego.
– Adesso cerchiamo di rintracciare 003 e speriamo che Joe stia attento: sono certo che X2 ha scoperto qualcosa di lui! -
Uscirono all’esterno, camminando piano e in modo prudente per non farsi vedere da nessuno e poter percepire ogni movimento sospetto. L’idea principale era recarsi agli appartamenti di Walther Bishop: sebbene non fosse un membro dell’organizzazione, dava l’idea di nascondere parecchie cose. Erano quasi arrivati, quando Bretagna 009 notò una figura seduta sugli scalini esterni di un edificio; fece cenno all’altro di nascondersi e non fare rumore, indicandogliela. 007 lo guardò interrogativo.
– Di chi parli? Di quel tipo che impugna minaccioso una tazza di caffè? –
- Nella mia dimensione, quel tipo si, per così dire ,“trastulla” con una dei membri dell’organizzazione! –
- Ne sei certo? Voglio dire…è legato ai Black Ghost? –
- Riconoscerei ovunque quella faccia da ebete! – Acido e impietoso come sempre, ma questa volta 007 ammise di trovarsi d’accordo con lui!
– Aspetta: vado a dare un’occhiata!- “009” si rese invisibile e varcò l’ingresso contemporaneamente al tizio che aveva vuotato la tazza in quell’istante.
“E’ entrato! Se avesse beccato una portata in piena faccia me ne sarei accorto!” si disse 007.
Dopo due secondi la porta si riaprì, come mossa da un colpo di vento, seguita dall’imprecazione di altre voci dall’interno.
– Randolf, imbecille!! Dovevi chiudere la porta a chiave! – 007 era intento ad ascoltare quelle battute e sobbalzò quando l’altro se stesso riapparve dal nulla accanto a lui.
– Dovresti esserci abituato! –
- A certe cose non ci si abitua mai! Che hai scoperto? –
- Che dentro ci sono altri due uomini armati e stanno palesemente montando di guardia davanti a una porta con tanto di catenaccio! –
- Mmm…sembra una ragione sufficiente per intervenire! –
- Io mi occupo dei guardiani, tu apri la porta sigillata! –
007 annuì. - Stai attento a ciò che fai! – aggiunse, preoccupandosi che l’altro non facesse carneficine. Prese la forma di un minuscolo topo, mentre “009” spalancava la porta con un violento calcio. I presenti trasalirono e impugnarono le armi. Bretagna 009 tirò fuori il suo inquietante ghigno da Black Ghost.
- Adesso ci divertiamo! – disse, scomparendo davanti ai loro occhi.
Intanto 007 scassinò il lucchetto utilizzando i piccoli arti da roditore ed entrò, riprendendo il suo aspetto. La stanza era buia, ma i suoi occhi ci misero pochi secondi ad abituarcisi. Semicosciente e con i polsi incatenati a un termosifone c’era 003.
- Francoise, stai bene? – le disse scuotendola leggermente per farla riprendere, mentre armeggiava con la catena.
- Bretagna…sei tu?-  chiese debolmente, ritornando piano in possesso delle sue facoltà.
- Si, sono…007.-
- Sto…bene e…ti avevo riconosciuto! – fece lei con un sorriso.
- Bene! – rispose lui, ricambiando con un sorriso enorme: era bello essere riconosciuti!
Fuori dalla stanza non si sentiva più nessun rumore. 007 uscì per primo, a dir poco terrorizzato all’idea di ciò che l’altro se stesso potesse aver fatto ai tre guardiani. Fortunatamente due di loro erano solo svenuti, mentre Randolf rantolava in un angolo per i dolori delle percosse: non li aveva massacrati, dunque c’era speranza che la “trasformazione in mostro” fosse quantomeno rimandata!
- Li hai stesi a mani nude?! – fece sbigottito: lui non era certo tipo da avere la meglio così facilmente in una rissa contro tre energumeni armati!
- Non è poi così complicato, quando l’avversario non può vederti: ci riusciresti persino tu! E comunque l’idiota in lacrime sul pavimento le ha prese più dai suoi compari che lo hanno colpito per sbaglio che non da me! – Poi si rivolse a 003:  - Chi è stato? –
- Albert…sotto l’influsso della donna che era con lui…- 003 la descrisse brevemente.
- Diavolo! La “contessa Casati”!-
- Chi cavolo è? – domandò 007.
- Il cyborg X3! La chiamavo così per via della sua somiglianza col personaggio. E’ molto pericolosa: riesce a creare un condizionamento mentale usando solamente lo sguardo. Era all’interno del campus: come dannazione ho fatto a non vederla?! –
- Possibile che sapesse che la conoscevi e si è nascosta da te? – ipotizzò 007.
- No, non poteva conoscere una cosa del genere – disse Francoise - …ma sapeva dei miei poteri: si nascondeva da me perché sapeva che con la mia vista avrei scoperto la sua vera natura e aveva bisogno di avvicinarsi a uno di noi; tra l’altro, credo di essere immune al suo potere… Invece, quei tre che facevano la guardia non sapevano assolutamente chi fossi e si sono messi a parlare tra loro, rivelandomi un bel po’ di informazioni! I Black Ghost sono interessati allo studio dei passaggi tra una dimensione e l’altra e hanno chiesto a Bishop di collaborare: lui tenta da anni di raggiungere questo scopo e ha indicato loro il nome delle sue cavie di un tempo, quelle più “promettenti”, tra cui Olivia! Anche al professore faceva comodo la collaborazione, dal momento che la Dunham non poteva essere sotto il suo controllo… –
- Olivia doveva essere a conoscenza del fatto che qualcuno intendesse rapirla, dal momento che si è data alla fuga con quell’animale di guardia del corpo! – ipotizzò Seven.
- Si, ma è qui che ci sbagliavamo: la guardia del corpo era già un membro dei Black Ghost! –
- Diavolo! Ecco perché aveva dei modi di fare così “pittoreschi”! –
- Quindi lei è già nelle loro mani… – concluse il Bretagna dell’altra dimensione.
- Questa è la parte più importante: da quello che ho sentito, non più! Lei ha intuito qualcosa e si è liberata della sua guardia del corpo circa due giorni dopo il nostro incontro!- la rivelazione di Francoise lasciò i due di stucco!
- E adesso dov’è? –
- Non lo sapevano neppure loro, fino a poco tempo fa…però stamattina un paio dei loro cyborg l’avevano localizzata e sono stati eliminati da Olivia stessa!-
- Allora adesso staranno tornando a cercarla nello stesso posto! Come facciamo a sapere dove sono diretti? – si chiese 007.
- Io vedo qui a terra un paio di uccellini pronti a cantare…- sogghignò l’alter ego, trasformando la mano in un’inquietante lama da macellaio e acciuffando il meno rintontito dei guardiani per la maglia.
- Parla! – gli intimò senza troppi complimenti - Io non ho bisogno dei poteri del tuo capo per farti sputare il rospo! – la lama che gli premeva contro la giugulare valse più di ogni ipnosi e il tipo rivelò l’esatta ubicazione del ritrovamento dei due cyborg fatti fuori da Olivia all’interno in un grande parco naturale, tra le montagne che si estendeva più a ovest.
Francoise osservava la scena, ma era molto pensierosa - Avrei dovuto avvertire subito 009 di fare attenzione a 004, ma con l’effetto del raggio del paralyser addosso facevo già troppa fatica ad ascoltare i loro discorsi…adesso che sto provando a contattarlo avverto il suo segnale confuso – disse preoccupata e mortificata – Mi auguro che non incontri Albert da solo! -

L’augurio di 003 era già caduto nel vuoto da alcuni minuti: non ci fu alcun bisogno di avvertire Joe, dal momento che, se non si era fatto ancora vivo, era proprio perché stava un po’ troppo “impegnato” con Albert!
009 si rese subito conto di avere un grosso problema non appena, dopo aver incontrato 004 nel giardino del campus, questi gli si lanciò contro tentando di colpirlo con la sua lama. Joe non intendeva fargli del male, ma fronteggiarlo era difficilissimo: nonostante il condizionamento mentale, 004 riusciva a sfruttare pienamente la conoscenza che avevano l’uno dell’altro in battaglia e intuiva perfettamente sia il modo in cui 009 avrebbe attaccato, anticipandone le mosse, sia la sua collocazione nello spazio nonostante utilizzasse l’acceleratore.
I due ingaggiarono una lunga battaglia in mezzo ai viali deserti e la cosa iniziò a diventare sempre più pericolosa per entrambi e maggiormente poteva esserlo se fosse transitato qualche incauto passante. Per sorprendere 004 e tramortirlo bisognava inventarsi una strategia completamente nuova. L’unica cosa che gli venne in mente fu fingere di sparire anziché attaccarlo direttamente; avrebbe avuto bisogno degli altri, ma non fece in tempo a chiamarli perché, mentre sorvegliava Albert da lontano cercando il modo migliore per stordirlo, fu circondato da sette ragazzini armati con bottiglie di vetro e spranghe: dal loro sguardo allucinato si intuiva chiaramente che erano sotto l’effetto di una potente ipnosi. Per 009 non fu difficile liberarsene facendogli perdere i sensi con dei colpi assestati nel punto giusto, ma, appena ebbe risolto quel “piccolo inconveniente”, si rese conto che 004 era sparito. Percorse più volte i vialetti, saltò agilmente sugli edifici, ma nulla: qualcuno stava certamente tenendo d’occhio il suo combattimento contro l’amico e aveva creato un diversivo per permettere a 004 di allontanarsi; questa cosa gli era molto chiara, ma perché? Il nemico che controllava Albert non era interessato a eliminare 009 o, per lo meno, non nell’immediato; 004 gli serviva per qualcos’altro, ma per cosa? La prima cosa che fece Joe fu cercare notizie di 003, ma Bretagna non rispondeva al segnale… si chiese se fosse accaduto qualcosa anche a lui o se si fosse allontanato dal raggio di azione della trasmittente; fu mentre era immerso in questi pensieri che lo raggiunse la comunicazione di 008 …

- Utilizziamo il velivolo d’emergenza in dotazione del Dolphin e riprendiamo Olivia prima che lo facciano loro! – decise 007 mentre Joe era nel pieno della sua lotta contro 004.
In pochissimo tempo i due Bretagna erano arrivati con 003 al Dolphin, dove Punma era rimasto da solo di guardia dal momento che tutti gli altri avevano raggiunto Gilmore; in due parole raccontarono di 004, di X3, di Erika e di Olivia e ancor prima che 008 potesse capacitarsi di tutte quelle notizie apprese a velocità telegrafica, il terzetto era già a bordo del velivolo.
Francoise prese posto dietro a 007, mentre l’alter ego si era seduto di fianco. Allacciarono le cinture, poi ai due uomini venne in mente lo stesso pensiero nello stesso istante e, girandosi verso 003, dissero praticamente in coro:
- Resta qui: è pericoloso! –
- Senza il mio aiuto non intercetterete mai il suo nascondiglio! – rispose la ragazza, senza scomporsi.
- Hai ragione. Ok, vieni pure!- concluse 007 mettendo in moto.
- Che cavolo stai dicendo?!- si ribellò l’altro – E’ pericoloso!! -
- Non badarci, 003: lui è un po’ “009”! – ridacchiò Seven mentre erano già in volo.
Punma contattò finalmente  Joe con la trasmittente del Dolphin; apprese che 004 era nuovamente scomparso e dovette dare la notizia di Erika, che turbò molto il ragazzo. Fortunatamente Francoise stava bene e c’erano novità su Olivia. Però 008 fece notare a Joe che c’era anche un altro “piccolo” problema…
- Come sarebbe a dire?!?- esclamò 009.
- Quello che hai capito: Francoise è sola con “Bretagna al quadrato”. Dobbiamo subito cercare di localizzarli: non so fino a che punto questa missione sia adatta a sole tre persone! –
Joe rimase pensieroso.
- Coraggio, vedrai che non le accadrà niente: sai benissimo che 007 si farebbe scuoiare pur di non farle capitare nulla! –
- Si, lo so…non è di lui, che non mi fido…-
- …Ma, per restare nel gioco di parole, è di “lui” che non ti fidi! –
- Raggiungiamoli quanto prima! – disse con un tono che lasciava intuire tutta la sua agitazione.
- Aspetta: non possiamo sparire dietro a loro lasciando qui da soli Albert e il professore.-
- E allora? –
- Allora ci vado io con 002, mentre tu, Geronimo e Chang resterete qui a occuparvi del resto! – propose Punma che, in queste situazioni, non perdeva mai di vista l’aspetto strategico.
009 accettò a malincuore, ma proteggere Gilmore e Matsui era una priorità, soprattutto ora che 004 era contro di loro.

- Siamo esattamente sopra le coordinate indicate dai Black Ghost! – disse 003 guardando gli strumenti di volo. Sotto di loro si estendeva un grande e folto bosco, che l’autunno avevano iniziato a macchiare con spettacolari tonalità calde.
- E adesso? – domandò Bretagna 009.
- Adesso ci vuole solo un po’ di pazienza. – rispose la ragazza – Se ci manteniamo a bassa quota e voliamo quanto più piano possibile, potenziando i miei sensi dovrei riuscire a intercettarla…sempre che qualcuno non l’abbia portata via di qui! –
- Se era qua stamattina e non aveva neppure un mezzo di trasporto, è impossibile che sia già venuta fuori da questa foresta! –
Passarono circa una mezz’ora sorvolando l’area in tutte le direzioni…finalmente 003 notò qualcosa e non le piacque.
- E’ quaggiù! E’ impegnata in una sparatoria contro quattro cyborg: non resisterà a lungo! –
- Dannazione! Ci hanno battuti sul tempo! – disse 007, facendo una virata indietro col velivolo.
- Me ne occupo io! – disse il suo alter ego aprendo il portello – Voi cercate solo di essere rapidi a recuperarci! –
Si lanciò prendendo le sembianze di una gigantesca aquila e, quando fu sugli obiettivi, riprese la sua forma mantenendo le ali e li tempestò con una scarica di mitra; in due secondi planò su Olivia afferrandola e portandola con sé in volo verso l’aeroplano. Il volto della donna era a dir poco terrorizzato!
- Niente paura: siamo amici! – le disse, ottenendo, tuttavia di tranquillizzarla ben poco. La donna tirò un respiro di sollievo solo quando i suoi piedi toccarono il pavimento del mezzo e rivide Francoise, che riconobbe subito e che le ispirava una certa fiducia.
- Chi diavolo siete?! – domandò, tentando di recuperare parzialmente l’aspetto spavaldo al quale il gruppo di amici era abituato.
- E’ una lunga storia, milady! – disse 007 – Le spiegheremo tutto quando saremo in un posto più tranquillo, magari davanti a una tazza di the! –
Olivia guardò prima lui, poi l’altro – Voi…voi non siete gemelli, è così? –
- E’ così. – sospirò Bretagna 009.
- …per fortuna! – aggiunse Seven – Sennò chi lo sopportava, un fratello come lui! -
Stavano ancora in volo sulla foresta, quando un attacco giunse in maniera totalmente inaspettata: un altro aeroplano, sbucato praticamente dal nulla e di tecnologia di gran lunga superiore, scaricò contro di loro una raffica di proiettili. Avendo con loro Olivia, avevano escluso completamente l’ipotesi che avrebbero tentato di abbatterli! Una seconda tempesta di colpi spezzò l’ala destra e il velivolo perse quota. 007 riuscì per miracolo in un atterraggio di fortuna in mezzo agli alberi.
- S…state tutti bene? –
- S..si. – disse 003, aiutando Olivia a sollevarsi.
Si trascinarono fuori, ma non ebbero modo di riprendersi perché altri nemici sbucarono all’improvviso come ragni sulla tela e aprirono il fuoco. Abituati a quelle situazioni, si spostarono rapidissimi, ma l’assalto li divise in quattro direzioni differenti e Olivia fu la prima ad essere atterrata, presa alla sprovvista da un violento colpo alla nuca: era evidente che era l’unica che doveva restare in vita.
Stavano nuovamente portando via la donna, ormai in stato di semi incoscienza. 003 provò a fare fuoco per fermarli, riuscendo a colpirne un paio, ma altri fecero fuoco a loro volta; 007 spinse da parte l’amica, mentre il Bretagna 009 riuscì ad abbattere i due che tenevano Francoise sotto tiro.
– Attento!!! – gridò 007 al suo alter ego che, voltandosi di scatto, avvertì un dolore insopportabile alla spalla: un altro cyborg lo aveva colto di sorpresa, ma cadde a sua volta sotto un colpo sparato da Seven.
In mezzo a quel caos gli altri nemici avevano preso il volo portandosi dietro Olivia Dhunam.
– Come stai? – domandò Francoise, preoccupata, correndo da Bretagna 009.
- Meglio, cinque minuti fa! – rispose l’altro facendo pressione sulla ferita. – Quel bastardo aveva mirato alla giugulare: se non mi fossi voltato avrei fatto una brutta fine! Come faremo a rintracciare la Dhunam? –
- Non preoccuparti di questo – disse 003 –  troveremo il modo di localizzarla quando gli altri verranno a prenderci. –
- Già…e come verranno a prenderci nel mezzo del nulla con il nostro mezzo e le trasmittenti rotti? - - Fossi in te non me ne preoccuperei: abbiamo rintracciato Joe e Francoise in mezzo alla jungla,  cosa vuoi che sia a confronto un boschetto nord americano! – disse 007.
– U…un boschetto?! Ma t… ti…rendi conto su quanti chilometri si estende questo posto?! – Bretagna 009 era furioso per l’accaduto e sentiva che quella ferita gli stava dando non pochi problemi.
- Piuttosto – riprese 007 – dobbiamo fare qualcosa per te: ho paura che il proiettile sia rimasto dentro…-
- Me n’ero accorto senza bisogno che me lo facessi notare! –
- Per favore – disse Francoise – fammi dare un’occhiata….-
L’altro spostò la mano, e la ragazza si rese subito conto della situazione. – Dobbiamo toglierlo immediatamente! Potrebbe infettarsi e danneggiare anche parte dei tuoi meccanismi! –
- S..si, bella idea…facciamo intervenire il medico dei folletti del bosco? –
- Aspetta…- 003 corse nella carcassa del loro velivolo e ne uscì con l’espressione sconfortata.
- Io potrei farlo – disse la ragazza – ma non abbiamo alcuno strumento…a meno che…- guardò 007, che intuì al volo.
– Non se ne parla neanche! Non sono mai stato in… una ferita! E poi non sono mica sterile! Cioè, forse potrei anche avere dei figli, mi riferivo alla sterilità chirurgica! –
L’altro se stesso volse gli occhi al cielo, rabbioso – Ma che ho fatto di male, ultimamente?! - 
- Scherzi a parte – aggiunse 007 serio, mentre l’altro pensava “E chi ha voglia di scherzare?”- io non potrei fare da strumento chirurgico anche perché tu non potresti fare tutto da sola: non abbiamo anestetico e qualcuno dovrà tenerlo fermo…-
- C…chi se ne frega dell’anestetico! Non mi fido io ad averti dentro una ferita! –
- Cosa pensi di fare? – chiese la ragazza all’amico, con l’espressione sempre più tesa – non possiamo rischiare lasciandolo in questo stato, soprattutto senza avere la minima idea di quando verremo ritrovati! –
007 cercò di riflettere, tradendo per un istante tutta la sua preoccupazione. – Aspetta, mi sono ricordato di una cosa! – sparì un attimo nel velivolo e ne uscì  con una bottiglia di whisky tra le mani. Gli amici lo guardarono basiti.
– Che intenzioni hai?! – disse il Bretagna 009 – vuoi ubriacarti proprio ora?! –
- No: è un surrogato dell’anestetico e del disinfettante! –
- N…non è possibile: ti porti dietro il whisky al p…posto di una valigetta del pronto soccorso?! –
- Veramente è stato Jet a metterlo lì dentro: me l’aveva fatto sparire da casa per farmi uno scherzo e qualche giorno fa l’avevo ritrovato qui e ce l’avevo lasciato! La valigetta del pronto soccorso è stata un’imperdonabile dimenticanza e il disinfettante c’è, ma è quello che si usa per la toilette: usarlo su di te mi pare inadatto e anche un poco offensivo! Comunque il whisky è un ottimo disinfettante!-
- T…tu hai visto troppi western! –
- No! – intervenne Francoise – Ha ragione lui: in mancanza d’altro andrà bene. Però c’è sempre il problema degli attrezzi chirurgici… –
007 prese fiato dopo una nuova pausa di riflessione e infine espose la sua soluzione all’amica.
- Facciamo così: io trasformo le mani in quello che occorre ed estraggo il proiettile, mentre tu mi aiuti. –
- Ne sei sicuro? – fece la ragazza titubante.
– Ma certo! E poi l’ho già fatto altre volte! –
- Sei un bugiardo! – disse l’altro se stesso – si capisce da cento miglia che non l’hai mai fatto in vita tua! –
007 alzò le braccia: effettivamente, a differenza di altri suoi compagni, non aveva mai neanche aiutato Gilmore nel laboratorio.
– Ok, stavo bluffando per tranquillizzarti! Ma com’è che un sacco di gente riesce a prendere in giro se stessa e io non ci riesco mai? Ad ogni modo, se convinco me stesso di essere capace e tu convinci te stesso che io ne sono capace, il gioco è fatto! Comunque non vedo altre soluzioni, al momento…-
Il discorso dell’applicare la finzione scenica all’estrazione di un proiettile non convinse molto il suo alter ego!
- E, s…se ad esempio, lasciassimo il proiettile dov’è e mi affidassi alla fortuna? – propose il ferito.
– Non dire sciocchezze! – esclamò 003 – Per il modo in cui si è infilato nei tuoi gangli nervosi e per come sei stato progettato rispetto ad alcuni di noi, stai già rischiando grosso! –
– Guarda che è più pericoloso affidarsi a lui! – ribatté l’altro – Mi fido più di te con un coltellino svizzero senza punta che di “me stesso” in una sala operatoria!-
– Male: bisogna fidarsi di “se stessi”! – intervenne 007, cercando di sdrammatizzare come sempre. – E poi non è decisamente consigliabile usare coltelli come nei film western - aggiunse Francoise, rimanendo in tema - ci sono dei punti in cui bisogna tagliare solo il tessuto danneggiato, senza andare oltre, e occorre una pinza specifica per l’estrazione evitando di nuocere ulteriormente ai circuiti e ai legamenti… –
- Ero più contento senza la spiegazione! – bisbigliò Bretagna 009, continuando a premere forte sulla ferita. A quel punto 007 pensò che era il caso di smuovere la situazione, anche se non avrebbe mai voluto farlo. 
- Comunque – disse - non dovrebbe essere complicatissimo: la ferita non è molto profonda e il punto non è vitale. Posso riuscirci, se 003 mi suggerisce di volta in volta cosa fare. –
- Si – annuì Francoise – facciamo come hai detto.-
A quel punto, davanti alla determinazione di Francoise, anche il diretto interessato fu costretto a capitolare.
- Bevi e stringi i denti! – disse 007 all’alter ego, passandogli la bottiglia.
Francoise si sistemò dietro di lui, sollevandogli un poco le spalle e bloccandogli le braccia con delicatezza e decisione; avvertendo così tanto la vicinanza fisica della ragazza, “009” sentì la nostalgia di lei bruciargli più del proiettile. 007 fece il resto, seguendo le istruzioni dell’amica passo dopo passo. Non fu un’esperienza piacevole, ma, fortunatamente, durò relativamente poco. Tamponarono la ferita con del tessuto pulito preso sull’aereo (non era il massimo, ma un organismo cibernetico presentava pur sempre meno problemi di uno normale) e, finalmente, riuscirono a tirare un respiro di sollievo.
Dopo quel lavoro per lui totalmente nuovo, Bretagna mandò giù un abbondante sorso di whisky. Il suo alter ego aveva chiuso gli occhi, ma non erano certi che dormisse.
– Sta salendo la febbre – disse Francoise.
– E’ normale, no? – chiese 007.
– Si. Spero solo sia temporaneo e che non salga troppo…–
Intanto si era quasi fatto buio. – Meno male che ho l’accendino, altrimenti mettere su il fuoco strofinando i legnetti sarebbe stata un’impresa! –
Francoise sorrise, silenziosa. – Sei stato bravo, sai? –
- Grazie. Spero di non rifarlo mai più! –
- E’ la frase che ti sento dire più spesso in assoluto! –
La ragazza rimboccò la coperta sull’altro Bretagna, che mormorò qualcosa, probabilmente in preda alla febbre. “Francoise…mi manchi troppo…” 007 e 003 si scambiarono uno sguardo; poi lui si alzò.
- Voglio vedere se riesco a riparare la radio, visto che oggi il bricolage mi riesce bene!- entrò nuovamente nella carcassa dell’aereo, si appoggiò alla parete e si lasciò scivolare fino al pavimento, dove rimase seduto per un pezzo, raggomitolato su se stesso.
“ Maledizione, è una situazione assurda! Non posso certo aspettarmi che sia 003 a farmi coraggio! Speriamo che gli altri arrivino presto!”
Il giorno seguente non vi era ancora alcun segnale da parte dei soccorsi; 007 non era riuscito a riparare la radio (in verità, con lo stress del giorno prima, non ci aveva neanche provato seriamente), ma almeno il suo alter ego pareva aver ripreso conoscenza. Francoise era crollata addormentata sul prato, incurante della piccola margherita che le sfiorava gli occhi chiusi, dopo aver vegliato la notte intera. Bretagna 009 la guardò, pensando a quanto fosse incredibilmente bella e illudendosi per un istante di non essere nell’altra dimensione. Poi il dolore alla spalla lo riscosse del tutto, ricordò quello che era successo il giorno prima, la sparizione dell’unica speranza che aveva di tornare nel suo mondo e riconsiderò mentalmente l’attuale situazione.
– Accidenti, sono ancora vivo! –
- Bene, sono contento di vedere che stai meglio; hai ripreso il tuo solito buon umore! – gli disse 007 sfoggiando il suo consueto sorriso, mentre usciva dall’aereo con i pezzi della radio tra le braccia.
- Scusami se, attualmente, non vedo motivo per rallegrarmi! – ironizzò l’altro, cercando invano di alzarsi.
- Stà buono, tanto non hai niente da fare. E poi non è il momento di abbattersi: lo ha già fatto il velivolo! Bisogna cercare di pensare positivo! –
- Ecco, bravo: fallo anche per me! –
- Tanto ormai l’ho capito che hai uno spiccato senso del dramma! Sai che quando soffri sei molto più loquace? –
- Io, invece, vorrei vederti soffrire per renderti meno loquace! – a quello scambio di battute, la ragazza si svegliò, strofinandosi il viso.
- Ti sei ripreso, meno male! – disse rincuorata.
- Si, per fortuna ho sempre avuto dei tempi di ripresa abbastanza rapidi…-
- Se volete fare colazione, c’è rimasto un po’ di whisky! – disse 007 indicando la bottiglia.
- No, grazie – rispose l’alter ego – associandolo a questa esperienza, credo che non ne toccherò per qualche anno! –
- Lo dici a me? Io stavo quasi per collassare! Sono sempre stato negato per la professione medica! –
- Lo ammetti ora con tanta serenità, dopo quello che hai fatto ieri?!-
- Tanto quel che è fatto è fatto, oggi non è ieri, ieri non è oggi, tu sei vivo anziché no, il sole splende nel cielo e gli uccellini cantano sui rami, va bene? – rispose 007 senza sollevare gli occhi dalla radio. Francoise scoppiò a ridere.
- Gli uccellini cantano e vorrei tanto vedere te al mio posto! – rispose l’altro, ormai quasi rassegnato.
- No no: una persona altruista dovrebbe dire: “meno male che è successo a me e non a te!”-
- Quindi la tua battuta ora dovrebbe essere “peccato che non sia successo a me!”-
003 guardava divertita la scena; era proprio da Bretagna: anche in quelle condizioni, non si sarebbe mai fatto sfuggire una risposta!
- Quello che non mi tranquillizza è pensare che, se ci dovessero attaccare, dovresti essere tu a difenderci! – aggiunse il ferito, questa volta serio.
- Non devi assolutamente preoccuparti: sarà 003 a difendere noi! – rispose strizzando l’occhio a Francoise. 
Bretagna 009 alzava di nuovo gli occhi al cielo e si rivolse alla ragazza:
- Fammi la cortesia: sopprimilo! –
All’improvviso il viso di 003 cambiò espressione e la ragazza si alzò di scatto, portandosi le mani alle orecchie.
– Il “Dolphin”! – esclamò – stanno venendo a prenderci! –

- Gli altri sono rimasti al residence col professore? – domandò 003 a Punma, preoccupata dal fatto che a bordo ci fossero solo lui e Jet.
- Si, per fortuna: hanno avuto dei “problemi” con 004, che era stato inviato lì per catturare Gilmore e uccidere Matsui; Joe, Geronimo e Chang li hanno difesi e sono riusciti a creare un diversivo per bloccare Albert e addormentarlo. Sarebbe una notizia positiva, se non fosse che due minuti fa Joe ci ha fatto sapere che, risvegliandosi, risulta sempre sotto l’effetto di quell’ipnosi… -
- X3, quella strega maledetta! – imprecò l’alter ego, scattando su per la rabbia, salvo ricadere sulla poltrona, trattenuto dalla ferita  - 004 nelle mani di quel demonio corre un gravissimo pericolo, oltre a esserlo per tutti noi! –
- Non è più nelle sue mani, e tu stà buono almeno per un po’, va bene? – lo rimproverò 007.
- Si, che è ancora nelle sue mani! E come faccio a starmene buono con Olivia presa dai Black Ghost e X2 a piede libero in combutta con Bishop? –
- Cosa intendi dire con “è ancora nelle sue mani”? – domandò Punma.
- Già – riprese Jet – attualmente è legato a una sedia nell’ appartamento occupato dal dottore: dopo la nuova botta in testa che gli ha assestato Geronimo tornerà certamente in sé, quando avrà ripreso i sensi! –
- …e magari si ricorderà pure di tutte le sue vite precedenti! – aggiunse 007, leggermente preoccupato per il “trattamento” che 005 aveva riservato all’amico.
Bretagna 009 scosse il capo. - Non otterrete nulla dandogli una botta in testa! –
- Di solito funziona, contro l’ipnosi!- disse 002.
- Non in questo caso: per sottrarlo al suo influsso, dovete addormentare lei! –
- Lei… chi?! –
- X3! Funziona come un computer che utilizza dati e programmi senza la possibilità di salvarli: spento il computer, i dati sono persi. E’ per questa ragione che quella pazza ha sempre delle occhiaie mostruose e tira di coca: appena si addormenta perde totalmente il controllo dei suoi schiavi! –
- Quindi…per liberare 004 bisognava colpire X3? E perché diavolo non lo hai detto subito??? – disse 007.
- E quando, secondo te, genio? -
- Dobbiamo subito comunicarlo agli altri! – disse 003.
- Invece, probabilmente, abbiamo buone notizie per Olivia – aggiunse Punma – Matsui, oltre a rivelarci quanto sapeva degli esperimenti di Bishop, ci ha dato l’ubicazione del laboratorio segreto nel quale agiva: certamente condurranno la Dunham lì! –
- …ed è lì che è il caso di dirigerci adesso! – affermò Jet, puntando verso una zona collinare attraversata da grosse strade, ma praticamente disabitata.
- Ce ne occuperemo noi – disse 003 al Bretagna 009 – tu rimani sul Dolphin e cerca di riprendere le forze! –
- Neanche per idea! Piuttosto, qui dev’esserci qualcosa per accelerare la mia ripresa! –
- Si, qualcosa c’è senz’altro! – disse 007, rassegnato – Anche se non ti capisco: io non sono così fanaticamente attaccato all’azione!-
- Se ti trovassi al mio posto, lo diventeresti! –
Dopo un po’ il Dolphin atterrò in mezzo a una prateria che si estendeva a perdita d’occhio.
- Siamo arrivati? – domandò Bretagna 009, mentre si risistemava la camicia dopo essersi rifatto la medicazione con l’aiuto di Punma.
- Quasi. – rispose Jet – Dobbiamo lasciare qui il Dolphin per non attirare troppo l’attenzione: il posto si trova a circa quindici chilometri da qui in una casa sperduta nella brughiera. Ci arriveremo in macchina. Tu aspettaci qui: qualcuno deve pur sorvegliare il Dolphin. –
- Non se ne parla nemmeno! Può restare 003: io sto benissimo! –
- Lo credo bene – sottolineò 007 - ti sei strafatto di medicinali! Se avessi ingurgitato io tutta quella roba, probabilmente adesso vedrei gli unicorni volare! -
- Che si fa? – chiese Punma, conoscendo la testa dura di chi aveva di fronte.
- 003, scusa, ma forse è meglio che venga lui…- disse 007.
- Sempre la stessa storia che corro dei rischi? – disse lei, guardandolo con diffidenza.
- No – rispose – corre dei rischi il “Dolphin” se lasciamo lui qui! E’ così teso che è molto meglio lasciarlo sfogare contro qualcuno! –
- E va bene – si rassegnò Francoise - Tu lo conosci meglio di me…anche se, dovendolo assimilare a te, tu non sei mai stato il tipo da scaricare la tensione sugli oggetti! –
- Oh, lo sai: io, tutt’al più, batto i pugni sul tavolo; piano, sennò mi faccio male! Ma ricordati, come ti ho già detto, che questo qui è un poco “009”! –
- La piantate di confabulare? – disse l’alter ego di Bretagna – Vogliamo muoverci? –
007 alzò le braccia e si scambiò uno sguardo con 003 quasi a voler dire “Che ti avevo detto?”.

La macchina con a bordo Jet, Punma e i due Bretagna si mosse rapida lungo la strada, accostando solo quando in lontananza si scorse, isolata nella prateria, una grossa villa dall’aspetto sinistro e decrepito.
- Quello è il posto corrispondente alle coordinate che ci ha dato Matsui e coincide perfettamente con la descrizione fornitaci da lui. – disse Punma.
- Sembra il set di un film horror! – commentò Jet.
- Il laboratorio sarà direttamente dentro? – chiese Bretagna 009.
- Questo non lo sappiamo, ma di certo non sarà all’ingresso. – rispose Punma – Generalmente i Black Ghost piazzano tutto sottoterra per ingrandirsi a loro piacimento e nascondersi meglio, ma Bishop non è un Black Ghost, anche se adesso si è alleato con loro per facilitarsi la vita! –
- Bene, facciamo così: io uso il classico trucco del “sorcio”, do una sbirciata dentro e, a seconda della situazione, stabiliamo come intervenire! – disse 007.
- D’accordo – disse 008 – Però, anche se a detta del professor Matsui non dovrebbero esserci particolari sistemi di sicurezza per non dare nell’occhio, cerca di muoverti con prudenza! –
- Se fossi donna, “prudenza” sarebbe il mio secondo nome! –
Jet sospirò verso il cielo, sconsolato, mentre il piccolo topo grigio fendeva velocissimo l’erba alta in direzione della prima finestra utile all’azione di spionaggio.
Sbirciò attraverso le tende: a un primo sguardo appariva un vecchio soggiorno semi vuoto, nel quale la scarsa mobilia era ricoperta da lenzuola bianche e la carta da parati verdina mostrava inesorabilmente i segni del tempo. Tuttavia, non appena si infilò sotto l’infisso e fu sul davanzale interno, la scena si rivelò surreale e terrorizzante: in piedi, immobili, su tre lati della stanza e su, lungo la rampa di scale in legno che portava alla zona notte, stavano decine di persone, tra cui donne, vecchi e bambini, con gli occhi vuoti, catturati dalla potente ipnosi di X3. Sembravano marionette vive, statue di cera respiranti…l’effetto era decisamente grottesco.
007 tese bene le orecchie: c’era qualcuno, da qualche parte, che stava parlando…

Olivia era stata legata mani e piedi a una sedia, circondata da sette soldati dei Black Ghost, mentre Corinne la squadrava con i suoi occhi lucidi e bistrati.
- Tutta questa confusione per te! – disse con una certa irritazione – Bishop e X2 dovevano essere già qui, invece stanno finendo di fare i loro comodi con la scusa di non destare sospetti! E io mi ritrovo in questa catapecchia ad annoiarmi a morte in compagnia di un esercito di zombie, sette soldatini e una sciacquetta! – protestò accompagnando il discorso con una gestualità decisamente teatrale, per poi accomodarsi su una sedia e stendere con cura sul ripiano di una scrivania la polvere bianca contenuta nel prezioso ciondolo che portava al collo. Estrasse dalla borsetta una piccola cannuccia di metallo intarsiato e con quella fece un tiro.
- Gradisci, cara? –
- Mi fa schifo quella roba e mi fai schifo tu! – rispose l’altra.
- Mi avevano detto che eri una donna bella e orgogliosa: condivido la seconda affermazione! Non perdetela di vista: ho bisogno di prendere un po’ d’aria! – dato quest’ordine agli scagnozzi, salì la scala di ferro che conduceva alla piccola porta comunicante col soggiorno. 007 vide aprirsi la carta da parati e la donna si rivelò alla sua vista come uno spettro.
“Il seminterrato: il più classico dei classici!” Mentre pensava questo mutò la sua forma in quella di un ragno e si infilò dentro la porta socchiusa: vide un grande laboratorio attrezzato illuminato dai neon e la prigioniera circondata dalle guardie. Immediatamente aprì la comunicazione con gli altri e riferì il quadro completo della situazione. 008 stabilì subito una strategia per portare via Olivia.
- Dobbiamo creare un diversivo per attirare l’attenzione e distrarre le guardie: 007 è già lì dentro e per lui non sarà un problema liberarsi di pochi soldati e scappare; il vero problema sarà evitare “l’esercito” di persone creato da X3 e non ferire nessuno…-
- Sarà molto complicato, considerando che, se conosco i metodi di quella pazza, ci salteranno tutti addosso appena muoveremo un dito là dentro! – rifletté Bretagna 009.
- Facciamo comunque del nostro meglio: ci sono anche donne e bambini! Io e te attacchiamo da direzioni diverse, mentre 002 arriverà rapidamente con l’auto e, quando Olivia sarà a bordo, ce ne andremo anche noi!-
- Va bene! Io prendo la porta principale, tu va sul retro…-
Punma lo guardò scettico. – Ne sei certo? E’ più rischioso…- sapeva che 007 non si lanciava quasi mai in attacchi frontali.
- Sono quello che ha meno da perdere! – rispose alzando le spalle e rendendosi invisibile.
Entrare fu facile e non poté credere ai suoi occhi quando ebbe la “fortuna” di scorgere Corinne che attraversava la stanza dirigendosi verso una delle pareti: avvicinandola di nascosto avrebbe potuto eliminarla e liberare tutti quelli che aveva soggiogato. Lei si paralizzò un istante, come se avesse un sesto senso, quasi avesse avvertito la presenza nemica. Il raggio del paralyser partì fulmineo e colpì un giovane uomo che X3 aveva fatto buttare in avanti a farle da scudo. Per sparare il colpo Bretagna aveva dovuto rendersi visibile. Lei lo riconobbe subito: aveva estorto a 004 tutta la storia che li legava all’altra dimensione.
- L’alter ego del cyborg 007! – esclamò teatralmente, mentre le persone presenti nella stanza si animavano e prendevano posizione come marionette in un teatrino - Che peccato: avrei sperato di incontrare qualcuno più interessante! –
- Tipo Heinrich? Purtroppo, dalla “mia parte”, non disponiamo più della copia, come non disponiamo più della tua! E, visto che siamo in vena di sincerità, ti informo che nemmeno tu mi sei mai stata troppo simpatica e che io non sono un “gentiluomo” con le signore come lo è il mio alter ego! –
- Come sarebbe a dire che, nell’altra dimensione non esisto più?! – domandò allarmata.
- Sarebbe a dire che sei morta nella distruzione della base dei Black Ghost architettata da me! – Pensò che 007 lo detestava quando gli si dipingeva sul viso quel sorriso cattivo…però indispettire X3 gli dava una gran soddisfazione: dopotutto, non l’aveva mai sopportata!
Corinne reagì, come previsto, con una furia rabbiosa: gli puntò contro la pistola ed esplose due colpi, che andarono a conficcarsi nel petto di uno dei suoi “zombie”. Bretagna si era scansato rapidamente e aveva messo nuovamente in scena il suo “cavallo di battaglia” rendendosi invisibile. Ora doveva agire con estrema cautela per evitare lo sguardo ipnotico della donna e neutralizzarla cercando di non causare altre vittime innocenti.
Iniziò a spostarsi lentamente per non fare alcun rumore e prendere Corinne alle spalle. Lei si girava su se stessa come un’ossessa, con le orecchie tese e lo sguardo feroce e guardingo di un animale, mentre la tensione la faceva ansimare. Lui c’era quasi; era a meno di un metro dalla gola della donna, che però si girò di scatto spargendo intorno a sé uno strano sacchetto di polvere rossastra. Come previsto, le minuscole particelle resero immediatamente individuabile il suo nemico che, vistosi scoperto, dovette nuovamente farsi da parte; stava per centrarla col raggio del paralyser, ma tra lui e i suoi colpi si frappose una barriera di persone. X3 era sparita nel pavimento, come se l’avesse ingoiata l’inferno stesso: sapeva che il suo nemico la conosceva e, se fosse riuscito a farle perdere conoscenza, avrebbe perso di colpo il suo potere e i suoi schiavi: decise di fuggire sfruttando un passaggio segreto, dando ordine al suo tirapiedi di riportarla al campus, dopo aver informato Bishop e X2 dell’attacco subito; era convinta che, in ogni caso, i suoi “servi” inconsapevoli avrebbero recuperato la fuggitiva ed eliminato i suoi sciocchi salvatori; non aveva tutti i torti a riporre buone speranze in questa tattica, perché quelle persone si rivelarono presto armate nella maniera più varia possibile: martelli, trapani, seghe elettriche, forconi, coltellacci da cucina e perfino qualche pistola: evitarli senza danneggiarli si rivelò più complesso del previsto. Punma gli venne subito in soccorso e tutti scapparono fuori dall’edificio inseguiti da un intero paese messo sotto ipnosi. Jet li raccolse con l’auto e partì a razzo: dietro di loro si erano lanciati nell’inseguimento due grossi camion e sulle loro teste volteggiavano minacciosi gli “elicotteri ufficiali” dei Black Ghost.
002 guidava con abilità e velocità, come se stesse sulla pista di formula uno.
Gli elicotteri sopra di loro lanciavano raffiche di mitra a intervalli regolari.
- Sei capace di prendere il mio posto?- disse l’autista all’altro Bretagna, seduto di fianco a lui.
- Cosa ti lascia pensare che non lo sia? –
- Sei l’alter ego di Bretagna! –
- Spostati e vai tranquillo! – disse afferrando il volante con sicurezza.
Jet sollevò in volo, cercando di colpire quanti più obiettivi possibile, mentre l’auto con a bordo i due Bretagna, Olivia e Punma faticava a seminare i camion pilotati da poveracci vittime del controllo mentale di X3. Nessuno di loro intendeva uccidere gli autisti, ma sfuggirgli appariva molto complicato.
- Ma i Black Ghost ti hanno anche fatto scuola guida?! – urlò 007, che era praticamente finito in braccio a Olivia  dopo l’ennesima virata dell’auto da un guardrail all’altro.
- Ci sono quasi addosso! – esclamò Punma – non voglio fare fuoco, ma tra poco ci schiacceranno! -
A un certo punto, Bretagna 009 ebbe una folle intuizione: appena riuscì ad avere tre o quattro metri di vantaggio, ingranò di colpo la retromarcia e si infilò a tutta velocità tra i due automezzi, rischiando di rimanerne stritolato se non fosse stato che, così come aveva previsto, i camion erano completamente lanciati in avanti e non ebbero il tempo di reagire; sfuggì miracolosamente alla morsa, e, grattando l’asfalto, fece un’inversione a “U”, rimettendosi in carreggiata, mentre le ceneri degli elicotteri abbattuti da 002 scendevano dal cielo come fuochi d’artificio a festeggiare la loro fuga.
Una volta in salvo, per poco 007 non strangolava il suo alter ego.
- Hai fatto una sciocchezza sproporzionata, te ne rendi conto?!?-
- Certo, ma tu non avresti fatto lo stesso? –
- Si, ma almeno, per una volta, posso dare la colpa a un altro!! –
- Decisamente questa situazione ci sta facendo rasentare livelli di follia non indifferenti!- esclamò Punma strofinandosi la fronte.
– Il piano è riuscito, no? – fece l’altro con strafottenza.
– E’ riuscito, ma se non riusciva avresti fatto fuori solo la Dhunam, nel migliore dei casi, nel peggiore tutti noi! -  sbottò 007.
“Nel migliore dei casi?!” pensò Olivia, aggrottando la fronte.
- Si, ma è riuscito! –
In quel momento piombò Jet dall’alto, furioso.
- Sei un pazzo, un idiota, uno str…-
- Jet! Per favore, non lasciarti andare a uno dei tuoi soliti attacchi di raffinatezza! – disse 007.
- Sono uguali. – intervenne il Bretagna 009.
-Chi? –
- Lui e il suo alter ego! – dopo aver pronunciato questa frase si ritrovò steso a terra con il mento dolorante. Jet scrocchiava le dita soddisfatto:
- Te lo avevo detto – disse – che dovevo restituirti qualcosa e ho una memoria molto lunga! –
- Pari solo al suo naso! – sussurrò 007 sghignazzando.
– Ne vuoi uno anche tu?! –
- No, grazie! Lui è più bravo a incassare! -
003 li raccolse col Dolphin e tornarono immediatamente al campus: lì avevano ancora parecchie questioni in sospeso.

Chang li aveva preceduti e sapeva che X3 era rientrata certamente alla base: 009 aveva scoperto, pochi giorni prima, un’area al di fuori del campus, adiacente al suo giardino, adibita a pista di atterraggio per piccoli velivoli. 006 si era diretto proprio là ed ebbe fortuna: Corinne aveva lasciato la pista da poco e si avviava su uno dei sentieri che attraversavano il grande giardino; le puntò contro la pistola, ma lei, guidata dal suo inquietante sesto senso, si voltò di scatto cercando gli occhi del suo assalitore. 006 ricordò che non doveva assolutamente guardarla in faccia e abbassò rapido lo sguardo ma, senza guardarla, non poteva colpirla! Non poteva affrontarla senza correre il rischio di cadere in suo potere. Lei sogghignò divertita, estrasse la pistola e iniziò a dargli la caccia. Chang si sentiva come Perseo con Medusa. Gli venne un’intuizione quando scorse, dietro una porta a vetri aperta, il luogo a lui più familiare: una cucina, a quell’ora deserta.
– Non scappare: ti userò per dare fuoco ai tuoi amici e poi ti spingerò ad arrostire nelle stesse fiamme! –
Corinne lo seguì nel locale: quell’ometto sembrava scomparso! Nel silenzio che aleggiava tra le enormi pentole e i tavoli, si udì all’improvviso un clangore di padelle cadute. X3 ghignò come la strega di Hansel e Gretel, girandosi rapidissima nella direzione di quel suono e vide Chang voltato di spalle. Con un balzo felino gli fu di fronte per inchiodarlo con l’arma o con gli occhi e… incontrò il suo stesso sguardo  riflesso in una lucida padella! Rimase come pietrificata e poi…scoppiò a ridere!
– Mi hai scambiata davvero per Medusa? –
- No! – rispose Chang dandole una sonora padellata sulla testa!
In quel preciso istante 004 aveva riaperto gli occhi e stava liberandosi la mano per colpire Geronimo; la perdita di sensi di X3, lo riportò di colpo alla ragione; purtroppo, non riuscì a evitare la nuova botta in testa che gli diede l’amico, ritenendolo ancora sotto ipnosi!
Intanto i due Bretagna, Punma e Jet stavano scortando Olivia allo studio di Bishop, nell’area più isolata del parco, con intenti tutt’altro che amichevoli. Mancavano giusto un centinaio di metri quando X2 e una manciata di soldati cyborg gli sbarrarono la strada. Il gruppo si mise all’istante sulle difensive.
- Occupatevi degli altri: a X2 pensiamo io e 007! – gridò Bretagna 009 mentre il corpo del nemico si ricopriva di aculei - Trasformati come faccio io, muoviti! – ordinò al suo alter ego, acquistando le stesse inquietanti sembianze della volta in cui aveva ucciso Moran.
- Ok, ma, se non ti spiace, lo faccio a modo mio! – disse 007 iniziando a mutare il suo aspetto in un’armatura medievale.
- Toglietevi di mezzo! – urlò Joe, apparendo dal nulla e scagliandosi contro X2 con una lunga asta metallica tra le mani. Il nemico cercò invano di sottrarsi a quell’aggressione, gettandogli contro alcuni aculei avvelenati, ma il lancio andò a vuoto; non ebbe neanche il tempo di riprovarci, che si ritrovò trafitto al petto; nonostante tutto, continuava a muoversi e reagire; l’altro 009 stava avendo un inquietante deja-vu. Joe fu rapidissimo: staccò altri pali dal cancello lì vicino e lo trafisse due, tre, quattro volte. Nonostante tutto, X2 continuava a dibattersi mentre agonizzava. Fu un colpo di pistola sparatogli da Punma in pieno volto a porre fine alla scena.
- Perdonatemi: non è bello a vedersi, ma era l’unica! – Ecco: ora il deja –vu era completo!
- Grazie…per averlo fatto al mio posto! – disse “009” a 009.
- Non devi ringraziarmi: 003 mi biasimerà, ma non riuscivo a perdonargli l’assassinio di una ragazzina, che per di più lo amava più di se stessa! – il viso di Joe era duro e malinconico allo stesso tempo: non gli piaceva agire per pura vendetta, ma chi toccava una persona innocente e indifesa doveva stare bene attento a mantenersi alla larga dalla sua ira.
Ora che non c’erano più Black Ghost in circolazione, Olivia era alla sua resa dei conti col dottor Bishop. Quando spalancò la pesante porta di legno dello studio, l’uomo era seduto immobile in poltrona  ed ebbe lo stesso atteggiamento di chi avesse ricevuto una visita di cortesia.
– Cara, ma che bella sorpresa! Infine sei venuta tu da me di tua spontanea volontà! –
- Non dica sciocchezze! – gridò la donna – lei…lei ha ordinato il mio rapimento perché ha compreso che il varco spazio temporale poteva essere riaperto! Voleva tornare a sperimentare le sue orribili sostanze su di me come fece quando ero solo una bambina! –
- Si, ma erano tutti sacrifici necessari…-
- Ovviamente, necessari a lei e a quanti, come lei, se ne infischiano della vita altrui pur di raggiungere i loro scopi! – intervenne Joe affiancandosi a Olivia: il suo tono era ancora pieno di rabbia.
- Come ti permetti tu, che sei appena un ragazzo, a giudicare anni di studi e fatica? Che ne sai di quello che c’è dietro a ogni successo e a ogni fallimento, di quello che c’è dietro al mio operato?-
- Mi permetto perché io sono, insieme ai miei amici, uno di quei “sacrifici necessari”! –
Bishop gli lanciò uno sguardo pieno di disprezzo, ma non badò alle sue parole poiché, in quel momento, ciò che lo attirava era la presenza di un individuo dell’altra dimensione.
- E’ uno di voi due vero? – disse fissando i due Bretagna – Comprendete, non è così, quanto possa essere importante che le due dimensioni entrino in contatto? Ho visto come avete affrontato il cyborg dei Black Ghost: se non aveste saputo chi era, il vostro amico ne sarebbe rimasto vittima! –
A Jet sfuggì una risatina ironica e Bretagna 009 parlò al suo posto:
- Veramente, 009 ci sarebbe riuscito benissimo anche senza le mie informazioni! –
- Allora…allora sei tu! Ti prego, DEVI dirmi come hai fatto ad attraversare il confine! – il tono del professore si era fatto concitato e supplichevole, inquietante al tempo stesso.
- Non so come ci sono riuscito e, anche se lo sapessi, non glielo direi. In compenso posso dirle un paio di cose: uno: far entrare le due dimensioni in contatto è decisamente una pessima idea; due: lei è molto meglio nell’altra dimensione! –
- Conosci il mio alter ego! Allora sai se Peter è vivo? Parla! E’ vivo, non è così?-
- Si, è così…-
- Non mi sbagliavo! Non mi sbagliavo! Ho fatto bene a crederci! E’ MIO figlio! Quell’altro non lo merita! Io ho lavorato per averlo! –
- Usando bambini per i suoi esperimenti? – disse Olivia fissandolo freddamente.
- Si, anche! Non mi interessa: che m’importa dei figli degli altri, se io ho perso il mio? Quei bambini sono sopravvissuti. Sono sopravvissuti. Quasi tutti. Tu sei sopravvissuta. Mio figlio no. Ma adesso, finalmente, potrò riaverlo! -  ormai il parlare del professore appariva quello di un folle.  Olivia interruppe bruscamente il suo monologo, tirando fuori manette e distintivo.
- E’ finita, dottore. La dichiaro in arresto per il rapimento di un agente federale! –
- Fai ciò che vuoi, ma non riuscirai a fermarmi! Mio figlio…ho fatto tutto questo per lui…-
- Peter odierebbe questi discorsi. – disse l’alter ego di 007 - Sa una cosa, dottor Bishop? Una volta uno scrittore disse: “per essere amati dobbiamo essere amabili”. Tutto sommato Peter sta meglio con la sua versione della mia dimensione! –
Quelle parole gli arrivarono come un proiettile nel petto. Olivia portò via l’uomo, che aveva sul viso un’espressione folle e devastata. Gli altri tornarono al Dolphin.
- Lo sai, vero, che sei  stato spietato con lui? – 007 rimproverò l’altro se stesso.
- E allora? Non hai visto com’era? Privo di qualunque umanità! –
- Si, ma…forse è diventato così proprio per quello che gli è accaduto…-
Bretagna/009 rimase perplesso: aveva quasi dimenticato che era ciò che era successo a lui...
– E’ vero. – ammise – La gente però confonde spesso le attenuanti con l’assoluzione e noi due abbiamo un problema: tu assolvi subito e io non concedo attenuanti… Ricordati comunque che siamo capaci di fare delle scelte, come il vostro dottor Gilmore: ciò che ci accade serve solo a spiegare, non a giustificare le nostre decisioni! –
- D’accordo, però…forse dovresti essere un po’ più indulgente con gli altri…e con te stesso! –
- E tu forse dovresti esserlo meno! –
007 sospirò. – Ci risiamo! – Ormai ci aveva fatto l’abitudine a “beccarsi” con se stesso!
Il Dolphin era stato ormeggiato sulla riva di un piccolo lago e adesso il suo equipaggio era al completo. Matsui era stato lasciato presso l’albergo dove alloggiava in quel periodo e tutti furono felici di rivedere Albert ripreso da quell’esperienza e…dalle botte di Geronimo!
- E’ bello averti come amico piuttosto che il contrario! – commentò Joe appoggiando la mano sulla spalla di Heinrich.
- Non venirmi a dire che, tutti insieme, non riuscireste a liberarvi di un avversario come me! –
- Infatti il problema era proprio quello di non farti male e di non farcene! – disse Chang.
007 si era avvicinato all’amico come gli altri e aggrottò le sopracciglia.
- Hai del rossetto sul collo! –
- Che dici? – fece Albert, toccando istintivamente il punto indicatogli con la mano.
- Sei andato a donne con la scusa dell’ ipnosi? – ironizzò Jet, osservando la macchia scarlatta.
- Non dire scemenze! – 004 era sempre più infastidito e aveva un brutto presentimento, confermato da Bretagna 009.
- Temo proprio che la tipa possa essersi approfittata di te! – tutti lo guardarono chiedendosi se scherzasse o parlasse seriamente e capirono subito che era serio – Aveva l’abitudine di “divertirsi” un po’ con quelli che le piacevano davvero e tu rientri perfettamente nei suoi canoni! –
- Per favore, chiudiamo qui il discorso! – disse Albert, nervosissimo!
- Dai, in fondo non era brutta…era solo vagamente inquietante! – disse 007 con un tono tra il consolatorio e la presa in giro.
Albert gli mostrò la lama contenuta nella sua mano – Ho detto. Che. Non voglio. Parlarne!! –
- S…sì! Ho capito! – rispose l’amico tirandosi indietro.
- Non vuoi che ti si dica che ti ha portato a letto contro la tua volontà? – disse l’alter ego di Bretagna facendo il finto tonto e fissandolo con un sorrisetto angelico. 004 aveva la stessa espressione di una caldaia pronta a esplodere! Era meglio non tirare troppo la corda e il discorso si chiuse davvero lì.
- Però! – fece Jet – Alla faccia tosta di 007 unisce una temerarietà che non è decisamente sua! –
- Tra i due non saprei proprio dire chi sia peggio! – commentò Punma.
Olivia era tornata con i cyborg e Gilmore a discutere degli ultimi eventi che avevano travolto lei e le persone che aveva di fronte.
- Chissà se questa Olivia piacerebbe a Joe! – si lasciò sfuggire 007, appoggiandosi con i gomiti allo schienale della sedia di 003, badando che la Dunham non lo sentisse. Francoise, come avveniva suo malgrado quasi tutte le volte che si toccava l’argomento “Joe e le donne”, reagì piuttosto acidamente.
- Bretagna, che cavolo vai a pensare?! E in un momento come questo, poi! –
- Non è colpa mia: i pensieri vanno da soli! –
- Non è questo il problema, ma il fatto che la tua lingua dà loro forma! – davanti all’ immagine di Joe potenzialmente interessato a un’altra donna, non riusciva proprio a nascondere la gelosia!
- Non penso possa interessargli davvero; e poi, se è single quella del mio mondo, figuriamoci questa che è molto più castigata! - commentò l’altro Bretagna dalla sua poltrona.
- Sempre “cuore d’oro”, tu! – disse 007.
- Non sono mica sentimentale come te! – affermò con un certo orgoglio. L’altro lo guardò con un’espressione che diceva palesemente “ma non dire balle”!

Il cielo era solcato da tante leggere nuvole bianche e, sotto quelle nuvole, il prato che ricopriva la collina era rivestito da un tappeto di piccole foglie gialle, viola e rosse. I capelli di Francoise, sparsi in mezzo a loro, erano lucenti e sottili fili d’oro.
L’aveva ritrovata. Stavano di nuovo insieme ed era ancora sua, nonostante il tempo e lo spazio li avessero tenuti separati. Bretagna era steso accanto a lei in mezzo alle foglie; una di queste andò a posarsi sulle guance rosa della ragazza; lui la prese piano tra le dita e, con quella, seguì dolcemente il profilo di Francoise, scivolando dal naso alle labbra, al mento, giù lungo il collo, fino all’incavo tra seni, rivelato dalla camicetta sbottonata…lei sorrideva, sensuale e luminosa, tra quelle macchie di colore che improvvisamente presero il volo intorno a loro. Le foglie iniziarono a vorticare, mosse da un vento misterioso e, con esse, si dileguò la figura di Francoise, mutata in mille lamelle dalle tinte dell’autunno…
“Francoise…” sussurrò appena, rendendosi conto di aver riaperto gli occhi.
Stava esattamente come prima, seduto sulla poltrona del “Dolphin”. Gli altri ascoltavano con attenzione Gilmore e Olivia e, di fronte a lui, Francoise teneva tra le mani una tazza di the, mentre Joe, dietro la sua sedia, le aveva cinto con le braccia le spalle: era difficile vederli così “in pubblico” e, sebbene l’atteggiamento non fosse quello generalmente ancor più intimo di una coppia di innamorati, si capiva che a Joe doveva aver pesato davvero tanto il fatto di non averla avuta accanto a sé in missione, visto che stava andando già molto oltre quello che Bretagna definiva “il suo sobrio stile orientale”.
Bretagna 009 era davvero molto stanco; lo erano tutti: ormai non dormivano da giorni e anche il loro corpo cibernetico iniziava a risentire della mancanza di sonno, come aveva evidenziato poc’anzi il suo alter ego portandosi teatralmente la mano alla fronte e dicendo in falsetto: “ tutto questo mi rovinerà la pelle e mi farà venire delle occhiaie mostruose!”
“Il solito deficiente!” si disse sorridendo. Poi prestò di nuovo attenzione a quello che Olivia stava dicendo, con una certa concitazione, al dottore.
- Non ci riesco! L’ho fatto solo una volta e non so assolutamente gestire un passaggio extradimensionale! –
Lo sguardo di tutti era estremamente preoccupato.
-  Ne è proprio sicura? – insisté Gilmore.
- Purtroppo…purtroppo temo di sì. Non saprei neppure da che parte cominciare…- si voltò mortificata verso Bretagna 009 – Mi dispiace. Mi dispiace davvero. Avrei voluto aiutarla. –
Lui si alzò in silenzio, come se si aspettasse quella notizia.
- Non si preoccupi. Non è colpa sua: infondo, l’ho sempre immaginato. Le difficoltà che abbiamo incontrato mi avevano fatto capire fin dall’inizio che sarebbe stato tutto inutile. Adesso, se volete scusarmi, esco a fumare…Accidenti, me n’è rimasta una sola… dovrò comprare le altre. Permesso…-
Gli altri lo seguirono con gli occhi mentre usciva.
- Però, non pensavo che la prendesse così sportivamente! – commentò Jet.
- Veramente, se conosci Bretagna, è proprio quando fa così che bisogna preoccuparsi! – osservò Chang.
- Mi hai tolto le parole di bocca! – disse 007.
- Forse è il caso che vada a dirgli qualcosa…- si offrì Chang, trattandolo come avrebbe fatto col suo amico.
- No, meglio lasciarlo un po’ da solo a elaborare questa cosa…poi me ne occuperò io. – disse Bretagna, pensieroso.
Dopo quasi un’oretta, 007 raggiunse il suo alter ego all’esterno. Se ne stava seduto sopra un tronco d’albero spezzato, con la schiena appoggiata a un ramo, a fissare i riflessi che giocavano sull’acqua del lago.
- Rieccoci qui a discutere come sempre…- gli disse, avvicinandosi - A che stai pensando? –
- Non lo sai? Ma non leggevi le facce? –
- Mha, adesso la tua sembra serena e malinconica al tempo stesso e sorridi anche se sei triste…. Questa faccia non riesco a leggerla! –
- Sto pensando ai miei ragazzi, quelli del laboratorio…non so perché mi sono venuti in mente solo ora. Mi mancano anche loro, ma forse potrei essere utile a qualcun’ altro, chissà…Ormai credo di essermi rassegnato… dovrò fare i conti con questa realtà. Francoise dice che tutto andrà bene lo stesso, e forse dovrei crederci. Lei l’ho persa per sempre, ma, dopotutto, è stato già troppo averla per quel po’ di tempo…mi auguro solo che sia felice. L’unico rimpianto che ho è non averla potuta abbracciare l’ultima volta che l’ho vista…- fece una pausa - Dovrei essere più combattivo…sono troppo abituato a lasciarmi sbattere dalle correnti. La famosa promessa…sai, avevi ragione: non ci si può sempre aggrappare a qualcosa fuori di noi: potrebbe sparire da un giorno all’altro e allora che faremmo? Saremmo tutti dei mostri? Ho deciso che sparirò dalla vostra vita, è l’unica: andrò in qualche posto che né io né te abbiamo mai visitato, cambierò nome, anche faccia, se necessario; forse così limiterò in qualche maniera il paradosso spazio-temporale. Ricomincerò da zero, inventandomi come si fa con un personaggio immaginario…tanto, anche se restassi qui o, se per assurdo, prendessi il tuo posto, è come se vivessi in nessun luogo. Ci sono, ma non dovrei esserci affatto…-
- Oh. – disse semplicemente 007, dopo aver ascoltato il monologo in silenzio. Poi iniziò a canticchiare – “He's a real nowhere man, sitting in his nowhere land, making all his nowhere plans for nobody…” –
- Adesso ti metti anche a citare i Beatles per prendermi in giro? –
- Dovresti conoscermi abbastanza per sapere che non lo farei mai, se non fosse tutto a posto! –
- Che hai detto?! –
- Semplicemente ciò che hai sentito: il nostro “piccoletto” ha dato il suo sostegno alla Dunham!-
Tornarono di corsa indietro. Sull’altra riva del piccolo lago scintillavano le scariche di energia che sprigionavano dal lucente varco tra i due mondi. Olivia e gli altri erano lì vicino. Lei parlò con il volto radioso.
- 001 mi ha aiutata a gestire questa cosa…Non so dove riapparirai, ma una cosa è certa: ti ritroverai nel tuo mondo!-
- Giusto per sicurezza, non concentrarti su location come la foresta amazzonica o il triangolo delle bermude, caso mai arrivi là! – disse 007.
Olivia riusciva a governare perfettamente il varco che aveva generato lei stessa e ne era quasi incredula, pur nella consapevolezza che rifarlo senza l’aiuto di 001 sarebbe stato impossibile. Bretagna 009 salutò quei suoi amici “alternativi” provando quasi la stessa sensazione di quando si sta per prendere un treno; era grato per ciò che avevano fatto per lui e probabilmente quell’ addio gli sarebbe pesato se non avesse pensato che li avrebbe rivisti in qualche modo dall’ altra parte... poi lo sguardo si posò su Albert, l’unico che mancava davvero. Evidentemente 004 gli lesse quasi nel pensiero, o forse era troppo abituato a leggere quel tipo di espressione sulla faccia di 007. Fece uno dei suoi soliti sorrisetti ironici e rispose a quella domanda che non c’era stata:
- No, non dire niente di me: non ne vale la pena! –
- Sentirò la tua mancanza. – disse l’altro stringendogli la mano.
- Porta un fiore sulla mia tomba! – continuò Albert, con il tono di che sta dicendo qualcosa di divertente.
- Mi raccomando, facci sapere quando sei arrivato…- disse 007, premuroso.
- Si, vuoi che ti spedisca una cartolina? – rispose l’altro, sconsolato, scuotendo la testa.
- Ma no, è sufficiente che tu faccia uno di quei brutti sogni che mi piacciono tanto e saprò che è tutto a posto! –
- Sai che sei proprio un cretino che parla in modo inopportuno?-
007 ridacchiò, compiaciuto della sua faccia tosta.
- Anche tu sei così. Io lo sono solo un po’ di più! –
L’alter ego sospirò - Addio, me stesso che non capirò mai! –
- Addio, me stesso che, purtroppo, capisco troppo bene! –
Il varco extradimensionale si richiuse sull’alter ego di 007, segnando finalmente la conclusione di quell’assurda vicenda.
007 se ne andò verso la sua stanza, con il volto stanco e pensieroso. Passando davanti allo specchio in corridoio, intravide la sua immagine con la coda dell’occhio e, per un istante, ebbe un piccolo sobbalzo. Si fermò un attimo davanti allo specchio con le mani in tasca: aveva la stessa espressione del suo alter ego.
 “Finalmente sei tornato ad essere solamente un riflesso. Non mi piaceva guardarmi negli occhi tutte le mattine!”

Bretagna 009 riapparve dal vuoto, così come era scomparso, direttamente nella camera di Francoise e, come in un sogno, la prima cosa che incontrò con lo sguardo furono gli occhi blu che amava tanto. Il cuore gli batteva come se volesse esplodere, aveva un groppo in gola: lei era ancora “sua”? Voleva stringerla e dire mille cose, ma l’unica cosa che gli uscì dalle labbra fu: “Ciao, sono tornato” come se fosse semplicemente rientrato dopo aver fatto la spesa! Lei rimase immobile, con gli occhi sgranati, pensando di sognare o di vedere un fantasma. Allungò tremando una mano verso il suo viso e, solo dopo averlo sfiorato, riuscì a balbettare:
- N…non ci credo…sei…sei tu…sei veramente tu!-
- Si. Sono io. Sono vivo…- per la prima volta in tutto quel tempo gli sembrava realmente di esserlo… Avrebbe voluto capire come stavano le cose, se poteva ancora stringerla o se l’aveva persa…non avrebbe voluto toccarla, prima di saperlo, ma le prese le mani e iniziò a baciargliele e lei lo toccò prima pianissimo, come per paura di vedere la sua immagine sgretolarsi allo stesso modo di quelle oniriche, poi, dopo aver realizzato che era tutto vero, lo stinse forte e lui ricambiò il suo abbraccio, baciandola più e più volte con l’identico desiderio che il deserto ha della pioggia. Francoise piangeva di gioia, continuando a sussurrare tra le lacrime “sei vivo…sei vivo…” stavano perdendo la cognizione del tempo e dello spazio e, forse, si sarebbero abbandonati istintivamente a “qualcos’altro”, se nel corridoio non si fosse sentito un rumore come lo scalpitio di una mandria di rinoceronti e la porta non fosse stata spalancata di colpo da Jet, che fu spintonato nella stanza come un tappo di spumante da tutta la squadra al completo alle sue spalle.
– Non…ci ….posso…credere!!! – esclamò felice – il piccoletto aveva ragione!! –
Francoise e Bretagna si voltarono a guardare 001 che volteggiava sulle loro teste, senza capire ciò che stava accadendo. Tutti erano increduli e felici, ma forse 001 lo era più degli altri.
– Ho sentito il tuo arrivo dall’altra dimensione e l’ho detto agli altri! – disse.
Dopo essersi ripresi dalla sorpresa e dallo stordimento, si ritrovarono in soggiorno dove arrivarono le spiegazioni di Ivan.
– Perché non ci hai detto subito che lo avevi teletrasportato nell’altra dimensione? -  chiese Joe, tradendo nella voce un vago tono di rimprovero: sapendo come stavano le cose, non avrebbero affrontato quell’atroce periodo di dolore, specialmente Francoise.
– Mi dispiace, ma la spiegazione è semplice: quando X4 ha compresso il campo di forza per distruggerlo, avevo appena ripreso i sensi ed ero in stato di semi incoscienza per l’impatto che avevo subito durante lo scontro e per lo sforzo fatto nel mettere in salvo le persone dell’area camper; normalmente avrei potuto tranquillamente liberarlo tele trasportandolo fuori, ma sapevo che non ci sarei riuscito, così ho tentato qualcosa che, considerando il legame esistente tra lui e il suo alter ego, in quel momento richiedeva uno sforzo minore, ovvero riaprire il varco extradimensionale…-
- Tu sei in grado di far questo? – domandò il dottor Bishop, stupito.
– Normalmente no, ma in quel momento ero in uno stato di stress emotivo e ho sfruttato l’energia che avvertivo in lui…-
- Va bene – annuì Hilda – ma non ci hai ancora risposto: potevi dircelo! –
- Avrei potuto, se fossi stato certo dell’esito del mio operato… – disse il bambino, con una inflessione vagamente mortificata – il punto era che non sapevo neppure io stesso se la cosa mi fosse riuscita o se 009 era morto per davvero…nel dubbio pensai che sarebbe stato peggio alimentare false speranze, così ho preferito tacere. Solo negli ultimi giorni ho cominciato ad avvertire vagamente una sua traccia vitale, ma non volevo illudere nessuno, non avendo dati certi.-
- Hai fatto bene. – disse Bretagna con un sorriso di approvazione: creare false illusioni avrebbe impedito a Francoise di rifarsi una vita, qualora lui fosse morto davvero. A proposito di questo, gli cadde lo sguardo su Peter e ricordò il discorso che gli aveva fatto.
– E adesso come fai a tornare al lavoro? Sei morto! – rise Jet, interrompendo i suoi pensieri.
– Magari puoi raccontare che era tutto uno scherzo! – suggerì Chang.
– Certo, come no! – lo rimproverò Punma – uno scherzo di pessimo gusto, che per di più coinvolge Francoise! –
- Sentite, ci penserò su…non dovrebbe essere complicato inventarsi qualcosa di più credibile del fatto che, mentre stavo per essere sgretolato da un’adolescente cyborg psicopatica, sono stato teletrasportato in un’altra dimensione da un neonato con poteri esp! –
- Uhm…- disse Peter – che ne pensi di un miracoloso risveglio dal coma? –
- Si, così si comincia a ragionare! Oppure potrei aver avuto un incidente mentre ero in viaggio all’estero e qualcuno ha scambiato i miei documenti con quelli di un defunto! - 
- Ancora meglio! – rise il professore.
Mentre parlavano, Bretagna notò un dettaglio vagamente “straniante”: la mano di Hilda era intrecciata a quella di Jet mentre sedevano vicini. Li guardò meravigliato. – C’è qualcosa che non mi avete ancora detto? –
- Hai pure bisogno che te lo diciamo? – fece Jet col suo solito tono canzonatorio, stringendo ancor di più la mano alla ragazza. 009 fissò Hilda con un sorrisetto e lei arrossì all’istante!
– Era più che scontato che non avrebbe resistito al mio fascino! – disse il ragazzo con la consueta faccia tosta, mentre lei cercò di zittirlo con un cuscino in faccia! L’atmosfera era tornata allegra come non lo era da troppo tempo. Francoise era felice come non mai. Peter la guardò con un sottile senso di rimpianto mentre lei appoggiava la testa sulla spalla di Bretagna e lui la stringeva.
– Bè, credo che voi due non vediate l’ora di rimanere un po’ da soli – disse Walther sorridendo – cosa ci fate ancora qua con noi? -
 Prima di allontanarsi con Francoise, Bretagna sentì il bisogno di parlare un attimo con Peter in privato.
- Peter, insomma, io…non pensavo di sopravvivere! –
- Non ci posso credere: ti stai scusando con me perché sei ancora vivo! – rise il ragazzo.
- Bè, se lei avesse voluto te…sarebbe andato bene comunque…- lo disse con poca convinzione.
- Sai perfettamente che non è così. Ho fatto quello che mi avevi chiesto: starle vicino e farla sorridere. Qualche volta ci sono anche riuscito, ma… c’eri sempre tu. Non ti ha dimenticato per un solo istante. Forse, un giorno, l’avrebbe fatto, come è successo a Hilda, ma non sarebbe stato facile. Comunque…sei tornato in tempo! –
- Si, ma…mi dispiace di aver creato una situazione assurda! –
- Andiamo, non avevi tutti i torti: eri preoccupato per lei e ti faceva male saperla addolorata per sempre! Poi…mica capita a tutti di tornare dall’aldilà! Comunque non preoccuparti: si sopravvive alle delusioni d’amore! E poi…lei non è mai stata mia. – lo diceva sorridendo, ma si capiva che una parte di lui ne soffriva: evidentemente stare accanto a Francoise lo stava facendo innamorare davvero. Fece una pausa, poi concluse rialzandosi dalla poltrona e cercando di cambiare l’espressione del viso  - Non c’è problema! Un bel ragazzo come me non rimane certo da solo! –
Bretagna gli sorrise, pieno di gratitudine, chiedendosi ancora una volta come avesse fatto Francoise a preferirlo a uno come Peter. E quando fu solo con lei, di nuovo abbracciati insieme sulla spiaggia a guardare un gregge di nuvole che si inseguivano nell’azzurro, ebbe anche la risposta.
- Lo sai perché: con te io sono completa. Riesci a farmi ridere e a farmi piangere, mi capisci e mi ascolti, litighiamo e facciamo pace subito, balli con me e mi leggi poesie, mi prendi in giro e mi coccoli; sai cosa voglio quando facciamo l’amore e ci leggiamo nella mente senza avere “superpoteri” e quando sono con te sto bene anche quando sto male. Sono sufficienti come motivi? –
Lui la guardò stupefatto e, per un istante, pensò che stesse parlando di un altro! Poi si mise a ridere. - Cosa c’è? – chiese Francoise un pochino arrabbiata.
- No, niente…pensavo che le tue parole sembravano lo spot dell’uomo perfetto, poi, nello spazio pubblicitario ci inserisci la mia immagine e appare la scritta in sovraimpressione: “però, se volete tutto questo, dovete prendervelo con siffatto aspetto”! –
- Sei proprio un cretino! – esclamò lei fingendo di prenderlo a pugni.
- Però ammettilo: un pochino Peter iniziava a piacerti! – lo disse un po’ per prenderla in giro, un po’ sperando di togliersi da dosso la leggera paura di aver involontariamente innescato un meccanismo che prima o poi gli si sarebbe ritorto contro.
- Lui… è una persona fantastica. Insieme a Geronimo, è stato l’unico ad aver trovato il modo di starmi accanto e aiutarmi senza darlo a vedere. A un certo punto mi veniva da pensare che “qualcuno”, in tempi non sospetti, gli avesse detto “qualcosa”! – disse sbirciando la sua espressione per capire se aveva indovinato.
Bretagna faceva finta di guardare l’orizzonte – Ammesso che “qualcuno” gli avesse parlato, quel ragazzo non è certo una marionetta! Non c’è mica bisogno di sentirsi incoraggiare per volerti stare accanto: verrebbe naturale anche a un mostro e io ne so qualcosa! – il riferimento indiretto alla prima volta che si erano visti alla base dei Black Ghost era palese a entrambi. Francoise non aveva mai amato quel modo che lui aveva di parlare di se stesso, e nella battuta che fece dopo, se ne “vendicò”:
- Comunque avevi ragione: Peter sarebbe stato, teoricamente, il tipo giusto per me; purtroppo, si sa, l’amore è una cosa irrazionale!-
- Questa me la sono proprio cercata! –
Lei gli fece una linguaccia, poi ebbe voglia di provocarlo a sua volta:
- Allora, dimmi “dall’altra parte” come sto con Joe? –
- Ehm…siete una bella coppia! –
- Davvero? E che effetto ti faceva? –
- Era…strano! – dovendole dire esattamente ciò che pensava in quel momento, la risposta corretta sarebbe stata “soffrivo come un cane anche solo quando lo vedevo sfiorarti un braccio!”, ma (ne ignorava il motivo) gli seccava ammettere quanto visceralmente si fosse scoperto geloso!
– Solo “strano”?- fece lei un po’ delusa.
– Si, bè…insomma, stavate bene insieme, ma quel ragazzo è, come dire…un po’ sulle sue nelle manifestazioni esteriori…Diciamo che lui, stando in cucina con Geronimo ad affettare carote, non ti avrebbe mai dato un bacio passionale rischiando di amputarsi un dito! – Francoise ricordò l’episodio e le sfuggì una risata.
Rimasero un poco in silenzio, abbracciati, lui accarezzandole le spalle e i capelli, lei con la testa sul suo petto, ascoltandone il cuore come se fosse un ritmo musicale. Dopo qualche minuto Francoise parlò, lievemente sottovoce, come lo stesse facendo con se stessa.
- Sai, dentro di me l’ho sempre saputo che eri vivo…non saprei come spigarlo: avvertivo come una specie di aura…era come se tu ci fossi ma non riuscissi a vederti. Poi pensavo che era solo una follia, un brutto scherzo che mi stava giocando la mente e sentivo il cuore diventare un pezzo di vetro pronto a spaccarsi…Gli altri erano terribilmente preoccupati per me…non ricevevo tante premure tutte insieme da quando ero bambina e mi ammalavo! Jet tentava a tutti i costi di tirarmi su l’umore facendo le battute più assurde, Joe non era mai stato così dolce nei miei riguardi in tutta la sua vita: mi sentivo quasi in imbarazzo!- pensando ai suoi amici, il tono passò da malinconico a divertito - Pensa che Chang e Hilda si sono messi insieme in cucina per  preparare il mio dolce preferito! –
Bretagna rise – Hilda che prepara dolci? Una scena surreale! –
- Si! E Chang che le rinfacciava il fatto di non conoscere neppure la ricetta della sacher torte mentre lei ribatteva che pretendere questo solo perché era tedesca era come pretendere che tutti gli olandesi coltivassero tulipani e che tutti gli italiani fossero pizzaioli!! – risero insieme come non facevano da tanto tempo.
- Fammi indovinare: Punma ti ha coinvolta in qualche operazione epica per farti distrarre, tipo impossessarsi di tutte le informazioni contenute nel database dei servizi segreti americani utilizzando un portatile scassato, o qualcosa del genere! –
- No: lui mi ha portata a fare tutto il giro della costa in motoscafo! –
- Caspita! E scommetto che hanno fatto tutte queste cose simulando la massima disinvoltura, come se fossero consuetissimi gesti quotidiani! –
- Proprio così! –
- Per la serie “Facciamo tutti delle cose normalissime così non le ricordiamo che Bretagna è morto!” – continuò faticando a trattenere le risate.
- Credo che il pensiero fosse quello…-
- Bè, devo ammettere che sono grandiosi! L’importante è che non ti abbiano viziata troppo e che ora non ti aspetti tutte queste cose da me! –
- Mmm…sai che non ci avevo pensato? Può essere un’idea! –
- Io avrei un’idea migliore…che spero non sia venuta in mente anche agli altri mentre non c’ero! – disse facendo scivolare piano la mano lungo le sue gambe, sollevandole un poco l’orlo della gonna. Lei sorrise nuovamente e lo baciò, mentre lui fermò la mano per stringerla forte, dopodiché riprese a parlarle seriamente, tenendo il viso nascosto dentro i capelli d’oro di Francoise.
- Mentre ero “dall’altra parte”, sei riuscita ad aiutarmi lo stesso anche se non eri con me… quando ti pensavo riuscivo a vedere una luce nel buio completo…è solo grazie a questo che non sono caduto di nuovo. E quando è crollato il muro spazio – temporale che ci separava sapevo di avere di fronte a me l’unica persona in grado di riempire la mia vita solamente con la sua presenza.-
Lei ricambiò quella stretta fortissima, poi si staccò e lo guardò negli occhi, come faceva quando voleva dirgli qualcosa di importante.
- Adesso sei quasi morto e sei ritornato: promettimi che non avrai mai più paura…per noi, per quello che ci aspetta, per il tuo passato. -
- Conosci perfettamente che chiedi cose quasi impossibili, tuttavia…so per certo che non potrei rinunciare mai a te, qualsiasi cosa implichi questa scelta. E poi…devo ammettere che “ritrovare me stesso” mi ha fatto bene! –
- Hai chiacchierato col tuo alter ego? – domandò incuriosita.
- No: lui ha chiacchierato con me! Non stava zitto un attimo!!! Ti prego, dimmi solo che io non sono così!!! – Francoise lo fissò per un istante, con il cuore leggero, poi scoppiò in una enorme risata, vedendo sulla sua faccia la stessa espressione di 007.
-  E dai!! Finiscila e dimmi che non gli assomiglio!! – seguitò a protestare lui mentre lei continuava a ridere a tal punto che le uscivano le lacrime dagli occhi, mentre il limpido cielo autunnale sorrideva su di loro.

- E’ stata l’esperienza più stressante della mia vita! – commentò Bretagna passeggiando con Joe e Francoise sulla scogliera, mentre estraeva una sigaretta dal pacchetto.
- Chissà perché, non faccio fatica a crederlo! – rise Joe. – Ma…hai fregato le sigarette al tuo alter ego?! –
- Scherzi? Le ha dimenticate sul mio tavolo il primo giorno. E comunque mi sembrerebbe il minimo, dopo che gli ho salvato la vita! Vuoi? – Joe allungò la mano e ne prese una.
- Mica male essere generosi con le cose degli altri! – disse ridendo.
- Certamente! Non puoi credere la soddisfazione! –
- Non hai paura di prendere il vizio? – disse 003, canzonandolo.
- Ma no, non tornerà così facilmente dall’altra dimensione a  portarmi un altro pacchetto! Sai, questa marca “da noi” non esiste, o forse ha un nome diverso: una multinazionale in meno o con una storia differente! –
- Già – disse Joe aspirando una boccata – le solite contraddizioni tra i due mondi…-
- Però, mi lascia con un grande dubbio…- disse 007 con una espressione serissima.
- …che sarebbe? – domandò Francoise perplessa.
- …come diavolo ha fatto “quello” a fidanzarsi con te??!! Non è mica giusto!!!-
-  Ehi, non vorrai mica prendere il mio posto?! – disse Joe.
- Io?! Non sarebbe possibile, ti sei “svegliato” appena in tempo! –
- Come sarebbe “appena in tempo”?! – protestò Francoise – guarda che io non ho mai fatto nessun pensiero su di te, neanche per un minuto!! –
- Dai, ora che c’è Joe capisco che tu non voglia ammetterlo, ma quando siamo in privato puoi anche dirmelo! – Francoise lo guardò con una faccia arrabbiatissima!
- Bè, visto che ti piace scherzare col fuoco – disse Joe con un sorrisetto inquietante – credo che ora ti convenga scappare! Ti do giusto tre secondi di vantaggio…uno…- Bretagna iniziò a prendere le distanze - …due…- si allontanò ancora un po’, tenendolo d’occhio - …tre! – entrambi scattarono contemporaneamente.
- Però non usare l’acceleratore, sennò non vale!! –
- Riuscirei a prenderti subito anche saltellando su una gamba sola! –
- E’ vero, ma non hai le mie risorse! – disse trasformandosi in uccello e volando via veloce, guardando dall’ alto l’inseguitore convinto di averla fatta franca, prima di…schiantarsi contro un ramo ribaltandosi al suolo!
Francoise guardava la scena, con le mani sul viso, faticando a trattenere le risate, mentre Joe scuoteva il capo fissando l’amico: - Non c’è gusto a impartire una punizione a 007: ci pensa sempre prima lui a punirsi da solo! –

 

 

In giapponese, il nome “Hisao” significa “uomo dalla lunga vita”.

 

 

© 22/12/ 2015

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